In ogni famiglia, c'è uno dei figli che si fa tramite fra il passato e il futuro, colui che si interessa di più ai parenti e alla loro storia, che prende sulle sue spalle il compito di trasmettere alla generazione futura il lascito di quella passata. Se così non fosse, ci troveremmo di fronte a pagine bianche, ogni memoria famigliare sarebbe cancellata. Certo, a volte si tratta di un ruolo condiviso, ma è più comune che esso sia assunto, per ogni generazione, da uno solo dei figli. Non deve trattarsi per forza di memorie tragiche o pesanti. Possono anche essere le ricette di cucina della nonna, che trasmettono il sapore perduto delle torte mangiate da bambini. Che il cibo sia un potente vettore di memoria, ce lo ha già detto Proust quando parla del profumo delle madeleines. Succede anche per il passato dei sopravvissuti della Shoah, e una psicoanalista italo-israeliana, Dina Wardi, ha chiamato chi si assume questo compito «le candele della memoria». Le loro responsabilità sono grandi, come grande è, almeno quando si è giovani, l'incomprensione dei fratelli che preferiscono guardare al futuro che tornare indietro al passato. Ma quando tutti si è vecchi, allora talvolta il peso del ricordo si suddivide fra le spalle di tutti.