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Il pesce, il pendolo e una luce per l'umanità

Gloria riva giovedì 14 agosto 2014
Sul lago di Tiberiade, nei giorni dopo la passione, Cristo appare ai discepoli e chiede del pesce da mangiare. Un notturno tremendo quello che descrive Giovanni, quasi la parabola della Chiesa a venire. Pietro accovacciato al fuoco mentre abbrustolisce un pesce, il Risorto in piedi. Tutti gli altri con gli occhi sgomenti come di chi stenta a credere che quello sia il loro Maestro, crocifisso e risorto. Sant’Ambrogio, scrutando con gli occhi della fede questo episodio, vide nel pesce il simbolo stesso di Cristo, arrostito nel fuoco della passione. Il sostantivo ICTYS (pesce in greco), fin dalle origini della cristianità fu considerato acronimo del nome di Gesù: Iesous Christos Theou Uios Soter, ovvero Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore. All’indomani della passione Cristo mostra a Pietro come la Chiesa, assisa alla sua mensa, avrebbe mangiato, nei secoli, il cibo della passione. Così 2000 anni dopo un artista ebreo come Chagall per delineare il dramma di un secolo di persecuzioni realizzò una tra le più suggestive sue opere: il tempo è un fiume senza rive.
Immerso nel blu del mistero campeggia un pendolo, segno dello scorrere del tempo; nelle acque del fiume una barca a remi è condotta da un uomo solitario e, dall’altra parte, una coppia amoreggia sulle rive: siamo noi, tutti noi con i nostri affanni e i nostri amori, quasi incuranti degli incendi di persecuzione che rinfocolano qua e là. Ad avvertirci del fuoco che divampa è il grosso pesce sopra il pendolo, Cristo stesso, le cui pinne sono ali infuocate e dal quale, curiosamente, sbuca un braccio che regge un violino. In Cristo Chagall vede tutti gli ebrei passati dentro il fuoco della persecuzione. Eppure quando dipinge quest’opera (dal 1933 al 1939) la shoah non era ancora iniziata. Proprio per questo, per una sorta di spirito profetico dell’artista, il dipinto è paradigma della persecuzione che travolge ogni generazione con i suoi flutti minacciosi, anche la nostra, anche quella cristiana. Eppure già l’ebreo Chagall intuiva che Cristo trionfa, che Egli sta sopra, sopra i gorghi del male, sopra l’inarrestabile corsa del tempo. Cristo si mostra all’uomo credente con la sua insopprimibile vitalità, con le sue ali di fuoco puntate verso l’eternità. Cristo, soprattutto, mostra al Pietro di ieri e di oggi la via d’uscita: quella simboleggiata dal volino, il cui arco, dopo il quadrante dell’orologio, è l’unico punto lucente del quadro. Sì, la via d’uscita è quella della bellezza, che come ebbe a dire Baudelaire, fa intravedere all’anima gli splendori attraverso la tomba.
Non è nuova l’arte a simili allegorie, già nel XVII secolo molte nature morte, pur offrendosi allo sguardo come raffinate rappresentazioni di oggetti vari, volevano essere rimando ad altro. È il caso di Georg Flegel nella sua Natura morta con cervo volante. L’artista barocco tedesco, dipinge lo spaccato di una tavola sulla quale vi sono i segni eucaristici del pane e del vino. Questa mensa che si perpetua nei secoli è frutto della passione di Cristo com’è allusivamente indicato dal pesce in primo piano sopra il quale poggia un coltello, simbolo della lancia che ferì il costato di Gesù. Il pesce è minacciato da un cervo volante, chiamato anche scarabeo del diavolo per la sua leggendaria facoltà di spostare, con le chele, tizzoni ardenti con i quali provocare incendi e seminare morte e distruzione. Una presenza discreta osserva la scena, è l’immagine del dio Thor circondato dalle ghiande, che orna una bella brocca collocata nell’angolo destro del dipinto. Questa divinità germanica e soprattutto le ghiande erano simbolo di potenza e di eternità. Così l’apparentemente casuale presenza della brocca d’acqua diventa il segno delle acque salutari del Battesimo per mezzo delle quali Cristo vince il maligno e assicura ai suoi la vittoria sul male e sulla morte.
ImmaginiMarc Chagall, "Il tempo è un fiume senza rive", 1930–1939 Olio su tela 100 x 81 cm
Collezione di Kathleen Kapnick, New York
Georg Flegel, "Natura morta con cervo volante" - 1635 – olio su legno di tiglio, cm 25 x 38 Wallraf-Richartz-Museum Colonia, Germania