Dicono che non sia elegante, in questo mestiere, dire “avevo ragione”. Non so cosa sia l'eleganza, preferisco la chiarezza, la libertà di esprimere opinioni, l'onestà di dire, quando capita, “ho sbagliato”, dunque anche “ho avuto ragione”. Non è, questo, un corso rapido di deontologia professionale, è piuttosto un modo di smentire e affermare insieme quanto disse il Gran Maestro Leo Longanesi: «Il giornalista è colui che spiega agli altri quello che non ha capito». Ho pensato per decenni che fosse una battuta. E invece era verità. I tanti che continuano a spiegarci cos'è il Var non l'hanno essi stessi capito. Basandomi su un'esperienza che sempre mi aiuta a fare scelte, ho subito detto che la (presunta) tecnologia applicata al regolamento del calcio fosse una bufala. Perché il calcio non è solo ispirato da Euclide - come voleva Brera - nella sua connotazione tecnica: è pirandelliano (così è se vi pare) oppure brerianamente gestito da Eupalla, un modo più colto per dire “la palla è rotonda”. Il Var ha l'infelice pretesa di produrre verità e fare giustizia. Mi sono sempre opposto - avendo conosciuto sul campo Concetto Lo Bello e altri importanti arbitri, Collina compreso - all'accettazione fideistica di uno strumento partorito da Tavecchio e i suoi fratelli, spinti ad avallare una sperimentazione affrettata e incompleta più dalla necessità di acquisire meriti che far cosa utile al calcio. Tant'è che oggi, perduta la partita tecnica con il flop della Nazionale, l'Istituzione destituita va dicendo «ma noi saremo in Russia con il Var». Consolazione più stupida che azzardata. Il calcio non merita questa dirigenza nè il trucco tecnologico avallato dal presidente degli arbitri, Nicchi, in odio ai suoi associati: l'ultima domenica del campionato ha rivelato che buona parte degli arbitri (come paventava il mio amico Casarin) rifiuta il supporto di un mezzo paratecnologico che ne mortifica la professionalità e dignità. La ripetizione a memoria del Protocollo del Var, scandita da alcuni opinionisti, ha raggiunto vertici di involontaria ilarità sulle labbra del designatore centimetrista arbitrale Rizzoli. A Napoli e a Crotone - casi eclatanti della domenica - il Var è stato disatteso con risultati a dir poco antisportivi. Non ho detto “a Milano” perché, alla faccia del Var assente, si è verificato un errore grave quanto antico: l'arbitro Irrati non ha visto il “mani” di Cutrone. Errore vecchio, non di Tavecchio. Nasce una nuova dirigenza federale il cui primo atto, in onore del Fare dopo tanto Dire , dovrebbe essere il blocco del Var. E a proposito chiedo lumi a un'autorità silente, Pierluigi Collina, presidente della Commissione Arbitri della Fifa, da molti ritenuto ispiratore del pastrocchio, a mio avviso troppo esperto e intelligente per essere complice di tanti dilettanti allo sbaraglio.