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Il pallone “intelligente” che rivoluziona il calcio

Mauro Berruto mercoledì 6 dicembre 2023
Si chiamerà “Fussballliebe” (proprio così, con una tripla “l”) ovvero “amore per il calcio”. Sarà un pallone tecnologico che, se tutto andrà liscio, potrebbe essere utilizzato già nel prossimo campionato europeo. In sostanza, come se non bastasse il coro di persone che oggi già sussurra nel suo auricolare, anche il pallone dialogherà con l’arbitro segnalando, per esempio, quale parte del corpo ha impattato o indicando al centesimo di secondo la scelta del frame da analizzare per valutare eventuali posizioni di fuorigioco. E se finissero le batterie? Nessun problema, Fussballliebe si caricherà per induzione, grazie a campi elettromagnetici. Insomma, un altro passo avanti verso un calcio iperscientifico, dove la valutazione umana diventa sempre meno probante, dove l’oggettività tenta di sostituire sempre più il giudizio soggettivo, dove in qualche modo la prosa sostituisce sempre più la poesia. Ancora oggi (e con polemiche che si alimentano di domenica in domenica) appare evidente che il calcio non abbia ancora digerito per bene la rivoluzione del Var, anzi, ormai ci sono trasmissioni dedicate all’analisi dei dialoghi fra la cabina di regia e il giudice di gara. Non è mia volontà dare giudizi. Ma se proprio dovessi farlo, sarei sempre dalla parte di uno sport dove la tecnologia è al servizio tanto dello spettacolo quanto della capacità di far applicare il regolamento nel modo più lineare e corretto. Resta, tuttavia, da valutare un fatto: un approccio sempre più “freddo” e scientifico può nuocere o rivitalizzare lo sport più diffuso e amato del pianeta? La risposta è probabilmente impossibile da trovare. Il calcio però dovrebbe cominciare a riflettere sulla sua capacità di richiamo nei confronti delle nuove generazioni. Se parlate con un gruppo di adolescenti, verificherete quanto sia complicato per loro poter seguire uno spettacolo sportivo che può durare fino a un centinaio di minuti e che, fra le sue possibilità, ha anche quella di finire 0-0. Quando, ormai venticinque anni, fa la pallavolo decise di stravolgere la sua regola storica del cambio-palla per passare al “Rally Point System”, i soloni dello sport ne decretarono la fine, sbagliando clamorosamente il pronostico. La pallavolo si trasformò in un gioco molto più dinamico, veloce, avvincente, spettacolare e televisivo e oggi neanche il più nostalgico fra i nostalgici rimpiange la pallavolo di prima. Verrà il momento anche per il calcio di provare a modificare se stesso e qualche sua regola fondamentale? Quel momento sembra ancora lontano, nonostante telecamere e palloni cibernetici, ma la riflessione si impone. Ne va del futuro stesso del calcio, dello spettacolo che è capace di creare e del suo dovere di rispondere alla sua caratteristica più importante: essere un linguaggio universale. Per essere all’altezza di questo compito, occorre saper parlare (o quantomeno impararne la grammatica) il linguaggio delle nuove generazioni, in caso contrario inevitabilmente si rischia la marginalità. E questo rischio, ne siamo certi, non lo vuol correre nessuno, neanche quelli a cui il calcio, apparentemente, interessa meno. © riproduzione riservata