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Il Paese delle leggi. E della rivoluzione possibile

Francesco Delzio sabato 18 marzo 2017
«Troppe leggi e poco chiare. Nel mondo siamo famosi proprio per questa ragione: tutti sanno che da noi le norme possono essere interpretate in tanti modi». Il verdetto, non originalissimo, è il modo in cui Flavio Briatore ha spiegato qualche giorno fa perché gli imprenditori internazionali diffidano dall'idea di investire in Italia. Sintesi efficace: perché se il peso del fisco e della burocrazia in Italia – purtroppo elevati – sono in qualche modo comparabili a quelli di altri Paesi europei, invece sulla prolificità del nostro legislatore non temiamo confronti.
In virtù del dominìo della cultura giuridica, nel nostro Paese esistono troppe leggi. Ma – paradossalmente – è un'affermazione non dimostrabile: oggi non c'è istituzione in Italia in grado di affermare con certezza quante siano le leggi vigenti. La stima più accreditata è quella di "Normattiva": sarebbero 75mila a livello nazionale. Record assoluto in Europa, a fronte delle 7.000 leggi in vigore in Francia e delle 5.500 in Germania. Se poi aggiungessimo allo straziante computo le leggi regionali, si arriverebbe a quota 150mila. Ma si tratta sempre di stime. Probabilmente, sbagliate per difetto.
Questa ordalìa di leggi è costruita, inoltre, secondo uno schema "a piramide": ognuna di esse ha bisogno di un certo numero di decreti attuativi, perché sono pochissime nel nostro ordinamento le leggi auto-applicative. Per fare un esempio: in poco più di 2 anni, dal suo insediamento (febbraio 2014) a maggio del 2016, il Governo Renzi ha approvato più di 300 provvedimenti legislativi, che hanno determinato la necessità di emanare più di 800 decreti attuativi. Fatti di ulteriori prescrizioni, approfondimenti tecnici, necessità di coordinamento con la normativa preesistente. E di incredibili ritardi nell'emanazione.
Eppure, nell'era delle società complesse uno dei principali obiettivi del Governo dovrebbe essere quello di semplificare la vita dei cittadini. Con leggi scritte in un linguaggio semplice, comprensibile al cittadino medio, basate sul principio del "minimo essenziale" degli adempimenti burocratici. Ma nessuna di queste virtù appartiene al legislatore italiano, che è bizantino per impostazione e criptico per vocazione.
Come uscire da questo tunnel? Copiando da chi il problema l'ha già risolto. Istituendo ad esempio, presso la Presidenza del Consiglio, un organismo analogo all'Office of Information and Regulatory Affairs (Oira) della Casa Bianca: come racconta nel suo saggio "Semplice" Sunstein, l'Oira fu creato nel 1980 (35 anni fa!) da Ronald Reagan. L'ordine istitutivo dell'organismo stabiliva: «Nessuna nuova iniziativa di regolazione dovrà essere intrapresa, a meno che i benefici sociali che potrebbero derivarne non superino i costi potenziali». Sarebbe una rivoluzione, in Italia.
@FFDelzio