Una vita non è mai normale. Specie se accade durante la guerra che, quando comincia, non finisce mai. Denzel lo sa perché tra la non pace e il conflitto armato dei gruppi ribelli ha scelto di andarsene in esilio. Sono vent’anni che non vede il suo Paese, la Liberia. Portato nel 2003, con altre centinaia di suoi compatrioti, in Nigeria, rimane nel campo profughi per sei anni, fino al 2009. E in quel tempo profitta per specializzarsi nell’informatica. Poi arriva il tempo del suo esodo e Denzel attraversa il Camerun, il Ciad e raggiunge infine la Libia nel 2011. Per le strane causalità del destino è proprio quell’anno che la Nato decide di liquidare l’ingombrante (per lei) Gheddafi e lui, che lavorava in un ristorante, è arrestato perché nero di pelle. Appena rilasciato se ne va in corriera in Egitto a cercare fortuna, e dopo un altro anno torna in Libia. A Tripoli mette da parte i soldi sufficienti a pagarsi il viaggio in mare per l’Italia nel 2020. Fanno 1.200 dollari.
Nel battello di gomma, uno Zodiac, accanto a giovani di vari Paesi si trovano alcune donne e bambini. Non troppo lontano dalla costa il battello inizia ad affondare e sono i guardiacoste libici a soccorrerli e riportarli sulla terra ferma. Denzel si trova in uno dei campi di detenzione che arricchiscono il panorama umanitario della Libia. Il cibo è offerto una volta al giorno e l’acqua è semplicemente imbevibile mentre i bagni sono sorgente di infezioni e di disagio respiratorio. Grazie all’intervento di una persona dello staff dell’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni a cui è consentita la visita del campo, ritrova la libertà perduta. Ammalato e ferito si trova prima a Tripoli da un amico e poi a Bengasi, sbarcando il lunario con lavori occasionali. Ormai il tempo che passa lo spinge a tornare al Paese che ha lasciato adolescente e dove, oltre la madre, si trovano quattro sorelle e tre fratelli incapaci di aiutarlo a fare il viaggio a ritroso.
Col bus prima e con mezzi di fortuna poi, raggiunge Niamey. Le borse che contengono quanto ha potuto acquistare in Libia, vestiti e scarpe per la famiglia, sono ancora in viaggio e potrebbero arrivare a giorni. Tutto dipenderà dai mezzi di trasporto e dal Dio che si sente come i migranti perché pure Lui in cerca di una terra migliore, visto come vanno le cose in quella che ha fatta sua. Intanto Denzel – nome di origine inglese che, secondo l’etimologia deriva da dan, che significa giudice, è arrivato ammalato. Dorme, da qualche giorno, presso una compagnia locale di trasporto passeggeri e attende che i bagagli arrivino, con un camion che ha già pagato. Ha lasciato all’autista il suo prezioso cellulare e una carta d’identità ormai scaduta.
La sua vita è un mosaico di avvenimenti che, messi assieme, formano una delle metafore più eloquenti del nostro tempo. Denzel, intanto, si prepara per il giorno del giudizio nel quale la pace non ancora trovata e la giustizia mai applicata saranno viste, assieme, attraversare il mare.
Niamey, luglio 2023
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