Il mortale naufragio dell'Europa nel silenzio dell'Africa
Il naufragio dell'Europa non data da oggi. I campi di concentramento, di sterminio e di pulizia etnica hanno trovato nella culla della civiltà occidentale un terreno fecondo. Le colonie, la rivoluzione industriale e le filosofie umaniste hanno rappresentato l'altra faccia della moneta. Quella dello sfruttamento nella creazione dell'accumulazione primitiva, secondo le note leggi dell'economia. Le guerre e il corredo di rifugiati, sfollati e morti ne hanno costellato la storia. Europa del naufragio che assomiglia a una zattera che il vento della storia spinge sulla scogliera. Si difende da nemici immaginari per giustificare le cannoniere. Si perde nel consumo indefinito di merci inutili che continua a presentare come l'unica possibile salvezza. Il mare che la separa dall'Africa è diventato un filo spinato di onde stagionali. Un morto ogni 47 arrivi per recintare il cimitero tra le sponde dove i turisti si nascondono per la vergogna. Le frontiere dell'Europa diventano sabbie mobili nelle quali affondano i passi del domani. La morte si sconta vivendo.
Nella città sommersa non si ha bisogno di spettacoli per passare il tempo. Gli uomini allevano perle e stelle marine. Si sposano nella stagione migliore per avere nuovi invitati. I cortei di nozze non fanno distinzione di colore o nazionalità. Basta trovarsi nel profondo del mare per sentirsi fratelli e sorelle. Il cimitero si trova sulla terra ferma e sono le barche a vela che traghettano i sommersi. Le poche scuole che funzionano sono gratuite e si imparano i mestieri più nobili. Falegnami, muratori, orefici e soprattutto poeti. Si formano cori spontanei e ognuno parla nella propria lingua. Tutti capiscono senza bisogno di traduttori o interpreti. Le abitazioni sono fatte a mano e a misura di famiglia. Quando c'è un compleanno, corre presto la voce: ci si riunisce in piazza e si danza fino all'alba. La banda musicale improvvisa inedite melodie di pace. La città sommersa è fatta di nomi scritti nel mare.
Il silenzio dell'Africa non data da oggi. Farabutti e politici da strapazzo che vi siete insediati per rapinare e che tacete per viltà: siete correi di assassinio. Nell'Africa del Nord trattate i neri come schiavi e in Libia li bastonate, umiliandoli. Avete imparato bene la lezione e non siete più passivi esecutori di comandi. Non lo siete mai stati, d'altra parte. Stolti e ladri, non avete niente da invidiare ai sicari occidentali vostri amici. Vi siete lasciati comprare, mercenari, vi siete prostituiti ai soldi che chi meglio vi paga. Tacete mentre i vostri migliori figli se ne vanno a morire e vengono prima spogliati lungo la strada. Impiegati, doganieri, statisti, imprenditori di affari religiosi, gendarmi, intellettuali, ministri e deputati. Siete dei criminali che il complice silenzio davanti ai morti condannerà all'esilio. Solo i liberi cittadini della città sommersa potranno, forse, un giorno perdonarvi.
Niamey, novembre 2016