Il rapporto tra mito e filosofia è studiato nel suggestivo libro di Emanuele Coco, Dal cosmo al mare (Olschki, pagine 144, euro 19,00), con particolare attenzione al mito delle Sirene. Le Sirene che ci sono state tramandate dall'antichità sono donne nella parte superiore del corpo e pesci dall'ombelico in giù, ma nella cultura greca arcaica erano anche donne con ali e piedi d'uccelli. Tutti ricordano l'episodio dell'Odissea in cui Ulisse otturò con la cera le orecchie dei compagni perché non fossero plagiati dal canto delle Sirene, facendosi per precauzione legare all'albero della nave potendo così ascoltare il canto senza lasciarsene travolgere. Ma, oltre che da Omero, abbiamo racconti di Sirene anche da Apollonio Rodio, Platone, Plutarco, Euripide, Strabone, Ovidio… insomma, si tratta di un mito diffuso anche nel folklore popolare in cui le Sirene sono talvolta foriere di tempeste e sciagure ai naviganti, talaltra sono esseri benigni che prestano soccorso e perfino si innamorano degli umani. Secondo Emanuele Coco, che è ricercatore in Storia della filosofia nell'Università di Catania, la funzione del mito, in generale, «è di rappresentare noi stessi in relazione al reale, sia esso un reale fisico, sia esso un reale emotivo, sia esso un reale relazionale (la relazione con gli altri)». E prosegue: «Si sbagliano dunque coloro che giudicano il mito in relazione alla sua attinenza alla realtà fisica [dominio della scienza]. Sarebbe più proficuo pensare al mito quale costruzione narrativa con cui l'inconscio si è esternalizzato e continua a esternalizzarsi». Da qui la funzione filosofica del mito, che consiste «nel mettere in contatto l'inconscio con il logos, complice un contrappunto tra saperi e discipline diverse. È così che la filosofia contribuisce a svelare la parte della mente che ama nascondersi». Coco verifica queste ipotesi attraverso le cosmologie classiche e le ricerche filosofiche di Bacone, Diderot, Schelling, Cassirer, e un capitolo particolarmente interessante riguarda la naturalizzazione del mito delle Sirene. L'avvistamento di Sirene fa parte dei racconti e dell'immaginario dei marinai d'ogni tempo. Anche Cristoforo Colombo si sarebbe imbattuto nelle Sirene, stando al racconto del suo biografo Bartholomé de Las Casas: l'Ammiraglio «vide tre Sirene emergere vistosamente dal mare» e commentò che «non erano così carine come le disegnano, perché in qualche modo i loro visi sembravano maschili». Già, perché con le Sirene appare anche "l'uomo marino", descritto da Benoît de Maillet, tra il 1722 e il 1732: l'8 agosto 1720 l'equipaggio francese del vascello Marie de grace cercò di arpionare un uomo marino: «Appena il mostro si sentì colpire, si voltò con lo sguardo di un uomo in collera. Poi, noncurante, passò a tribordo, nuotando come un vero uomo, e allorché fu davanti al vascello, si fermò a guardare la polena che raffigurava una donna molto bella. Dopo averla a lungo osservata, si aggrappò e si sollevò sopra l'acqua toccandola come se volesse staccarla». Poi se ne andò per i fatti suoi. Nell'Ottocento, con le prime teorie evoluzioniste ci fu chi indicò la Sirena come il famoso "anello mancante" verso l'ominizzazione, e bisogna dare atto a Darwin di essere stato piuttosto cauto sull'argomento. La naturalizzazione del mito delle Sirene ha spinto i naturalisti a identificarle con i lamantini o i dugonghi, animali marini simili a foche o trichechi. La femmina del lamantino, in particolare, ha due mammelle sul petto e, mentre allatta, sostiene il piccolo con una pinna anteriore, come per tenerlo abbracciato. Le Sirene che delusero Cristoforo Colombo erano, probabilmente, proprio lamantini. Il tentativo "scientifico" di naturalizzare le Sirene cadeva nell'errore, sostiene giustamente Coco, di «svuotare il mito di tutta la sua valenza immaginifica. Lo si riduceva a mero - potremmo dire persino "banale" - oggetto della realtà. Si tentava di tacciare come inutile fantasia tutto ciò che non poteva essere osservato nel mondo esteriore. Come se questa fosse l'unica realtà consistente. Come se il mondo psichico - con tutti i dolori, piaceri, entusiasmi e forze che suscita in noi - non fosse da considerarsi una realtà altrettanto tangibile e importante».