Il mistico, un camminatore che parla la lingua degli angeli
Per de Certeau, anch'egli gesuita, filosofo e teologo che ha indagato tutti i campi del sapere e che ha insegnato nelle università di tutto il mondo, dall'Europa all'America del nord e del sud, la mistica è l'anti-Babele, la ricerca di un parlare comune oltre le fratture che separano l'uomo e gli uomini, «l'invenzione di una lingua di Dio o degli angeli che nasconde la disseminazione delle lingue umane». La citazione è tratta dal primo volume di Fabula mistica, uscito in Francia nel 1982 e in Italia prima per i tipi del Mulino nell'87 poi di Jaca Book nel 2008, con una preziosa introduzione di Carlo Ossola. Proprio quest'anno sempre Jaca Book ha dato alle stampe il secondo volume dell'opera, purtroppo incompiuta, curata da Luce Giard, e che mette assieme una serie di articoli e saggi che il gesuita stava ancora rielaborando, dedicati a figure come Nicola Cusano, Giovanni della Croce e Pascal. Il primo volume invece, quello di cui qui parliamo, presenta il percorso compiuto dalla mistica fra XVI e XVII secolo soprattutto attraverso figure minori.
Va detto subito che il libro di de Certeau, un vero capolavoro di scrittura, è spesso arduo e difficile e risente dei suoi studi di psicoanalisi e semiotica. Scrive ad esempio nelle pagine finali riferendosi a Hadewijch di Anversa, mistica e poetessa del XIII secolo: «È mistico colui o colei che non può fermare il cammino e che, con la certezza di ciò che gli/le manca, sa di ogni luogo e di ogni oggetto che non è questo, che qui non si può risiedere né contentarsi di quello. Fa andare più lontano, altrove. Non abita da nessuna parte». C'è insomma un aspetto essenziale di radicalità, di nostalgia, possesso ed estraneità insieme del totalmente Altro. Il mistico è un «camminatore» che intraprende «il volo dello spirito». Un volo che di frequente assume percorsi "selvaggi" rispetto all'istituzione Chiesa come nel caso di Jean de Labadie, vero girovago della fede, che nel '600 inizia da gesuita ma poi si mette a predicare in Francia e Svizzera una propria forma radicale di religione, fondando infine una comunità riformata in Olanda. O come Surin, mistico egli stesso, che si trova ad esaminare casi di possessione diabolica nel monastero di Loudun, vicino a Parigi.
I due casi più singolari di mistica del quotidiano raccontati da de Certeau sono il colloquio col "giovane del cocchio", narrato appunto da Surin in una lettera ove descrive l'incontro con un santo giovane sulla strada da Rouen a Parigi, un illetterato che esprimeva però in «semplicità umiltà e purezza» una spiritualità così profonda, una confidenza tale col Signore da potersi fare maestro dei teologi. O il caso della donna citata nella Storia lausiaca, che nel IV secolo in un monastero egiziano si fa serva in tutto delle sorelle (è chiamata «spugna» e «idiota»), ma che viene riconosciuta da un padre del deserto come la migliore di tutte, l'unica che nel suo silenzio e nel suo amore «non ha mai allontanato Dio dal suo cuore».