Nei giorni scorsi, intorno all’anniversario della strage di Capaci in cui il 23 maggio 1992 furono uccisi il giudice Giovanni Falcone, la moglie e tre uomini della scorta, la tv in vari modi ha ricordato i simboli della lotta alla mafia. Rai 3, con uno speciale di Presadiretta («Nel nome del padre») a cui è seguito il docu-film Io lo so chi siete, lo ha fatto ripercorrendo la storia di Vincenzo Agostino, un uomo che si è battuto per oltre trent’anni per conoscere la verità sul barbaro assassinio del figlio Antonino, agente di Polizia, e della sua giovane moglie incinta. Era il 5 agosto 1989, a Carini, nei pressi di Palermo. Da allora Vincenzo, che non si sarebbe più tagliato i capelli e la barba finché non fosse stata fatta giustizia, non ha mai smesso, assieme alla moglie Augusta, di cercare i responsabili. Augusta è morta nel 2019. Vincenzo ha continuato la sua battaglia fino al 21 aprile scorso quando, dopo il funerale in Duomo a Palermo, è stato sepolto senza essersi potuto tagliare i capelli e la barba. Dopo 35 anni giustizia non è stata ancora fatta. Il docu-film, scritto da Silvia Cossu e diretto da Alessandro Colizzi, è molto bello, commovente e inquietante, così come lo speciale introduttivo di Presadiretta, in diretta appunto da Palermo, in cui Riccardo Iacona, autore e conduttore, ha saputo toccare con i suoi ospiti, tra cui i familiari di Agostino, i tasti giusti, grazie anche alla testimonianza di don Luigi Ciotti, legato ad Agostino da profonda amicizia, che ha sottolineato come si debba molto ai familiari delle vittime che con la loro forza e la loro determinazione graffiano la nostre coscienze. Ma oltre la commozione, la serata di Rai 3 (recuperabile su RaiPlay) lascia fortemente inquieti per il racconto della cortina di misteri, depistaggi, intrecci tra malavita, servizi segreti e politica che stanno dietro agli omicidi definiti di mafia.
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