Sessanta dolcissimi milioni di euro. A tanto ammonta il giro d'affari della produzione di miele in Italia. Un volume finanziario di tutto rispetto - visto che deriva in buona parte da piccoli e piccolissimi produttori - che, tuttavia, non è esente da problemi di mercato, anche internazionali, così come da vincoli ambientali che si trasformano immediatamente in ostacoli economici. Rimane, tuttavia, il dato di fondo: i 50mila produttori di miele dello Stivale riescono ad originare un giro d'affari di grande rilevanza. Bastano pochi dati per delineare la situazione. Sulle tavole degli italiani si consumano ogni anno quasi 400 grammi di miele a testa, con un interesse ed una conoscenza in continua crescita tra il grande pubblico. Nel settore è attivo circa un milione e centomila alveari che ospita una popolazione di 55 miliardi di api. Se il giro d'affari diretto dell'apicoltura italiana è, come si è detto, di circa 60 milioni di euro, questo arriva a 2,5 miliardi se si considera il servizio di impollinazione fornito dalle api all'agricoltura. Numeri importanti, quindi, ai quali si associa un mercato in netta crescita, soprattutto dal punto di vista qualitativo e distributivo, che deve però ancora superare alcuni scogli. Stando, per esempio, ad una ricerca di Unaapi. (l'Unione nazionale associazioni apicoltori italiani), che verrà presentata la prossima settimana a Montalcino, la quantità di consumatori occasionali (57%) è sensibilmente superiore alla quota di quelli regolari (43%); mentre uno scarso ruolo nella scelta del prodotto hanno le singole marche. Il canale di acquisto che sta avendo più successo, invece, è quello che passa per la grande distribuzione organizzata. Una forte cura nella qualità del prodotto, la razionalizzazione dell'offerta, la sua qualificazione e organizzazione, appaiono quindi come gli elementi principali su cui lavorare, almeno per superare quello che probabilmente per gli apicoltori è uno dei grandi problemi irrisolti del comparto: le influenze nefaste del clima sui loro risultati produttivi. I cambiamenti climatici, e quindi i loro riflessi locali, sembra infatti che influiscano pesantemente sui risultati del lavoro delle api determinandone sconvolgimenti nella produzione e facendo cambiare radicalmente ' è il parere degli esperti ' la mappa del raccolto italiano, con una sorprendente inversione di ruoli tra nord e sud del Paese. Così, mentre in Piemonte e Lombardia si registra un'eccezionale produzione di miele di acacia favorita dalla primavera soleggiata, in Sicilia per colpa del maltempo non c'è stato per il terzo anno consecutivo raccolto per il tipico miele di agrumi. Non si tratta di mutamenti semplicemente tecnici: la variazione delle tipologie di miele si riflette immediatamente sugli andamenti di mercato dello stesso. I primi dati del raccolto 2006 indicano una geografia del miele italiano quasi ribaltata. Ciò che non dovrà accadere è un analogo ribaltamento di mercato.