Mi è capitata fra le mani, caduta da un cassetto, una foto di quando avevo 25 anni, in Grecia, alle isole Sporadi. Eravamo andati a vedere, a Skopelos, l'antico monastero ortodosso della Metamorfosi, in cima a una collina. Nel monastero erano rimasti solo un monaco molto anziano e uno giovanissimo, quasi bambino. Il mare blu di sotto, e che orizzonte: un luogo straordinario. Nella foto siedo su un muretto con aria assorta. Leggevo la parola greca sul cancello: metamorfosi, trasformazione. E pensavo, io allora non credente, che in fondo, se c'era un Dio capace di indurre in me una metamorfosi, io ci stavo. Il desiderio di un minuto, un niente. Devo dire che poco dopo una trasformazione è cominciata. Le Confessioni di Agostino. Il baricentro del cuore si è spostato. Vent'anni più tardi ho portato i bambini a Skopelos, a quel monastero. Anche loro muti, nella maestosa bellezza del mare greco. Ma adesso che i tre sono grandi, e in quest'aura cupa di guerra, devo tornare ancora a Skopelos. Invecchio, e tutto mi scivola via fra le mani. Nulla mi basta. "Come può un uomo rinascere quando è vecchio?" Occorre uno svuotamento e un nuovo inizio. Una metamorfosi. Non è questo che ci viene domandato, mentre tremano nelle fondamenta le nostre certezze? (Strano come una vecchia foto sbuchi da un cassetto, e ti porti un messaggio che forse aspettavi).