«Se uno si concentra abbastanza, se s’immerge abbastanza, arriva a vedere qualcosa che gli altri non hanno visto e quello che lui lì ha visto, pensa Vidme, mentre cammina nella pioggia e nel vento, è la cosa più importante che ha ricavato dai tanti anni in cui praticamente ogni santo giorno ha scritto. Vidme crede che il suo lavoro di scrittore lo abbia condotto nelle profondità più recondite di qualcosa che lui in momenti improvvisi, istanti felici di lucidità, è arrivato a considerare come un lampo di divino, […] un’esperienza che può anche sembrare ridicola, è ridicola, sia per Vidme sia per la maggioranza della gente, però in alcuni istanti di grazia, se solo potesse usare questa espressione, Vidme, uno scrittore fallito quanto basta, invecchiato presto, si è reso conto di essere stato in prossimità di ciò che con un’espressione che non si sarebbe mai immaginato di utilizzare non può chiamare altro che il divino». In questa descrizione di un personaggio, probabilmente, Jon Fosse, premio Nobel per la letteratura 2023, mette molto di sé: la conversione al cattolicesimo, avvenuta da adulto, diventa questa scoperta di un divino, di un lampo, l’accondiscendere a una grazia che gli giunge nel mezzo del suo lavoro di scrittore, per il quale il New York Times lo ha paragonato a Ibsen e Beckett.
© riproduzione riservata