Davvero istruttiva la lectio laicalis, che Stefano Rodotà ha pronunciato all'Università di Torino dopo aver ricevuto il premio "Laico dell'anno". Nella sua lectio (che Repubblica, mercoledì 10, paragona, con una foto, alla "Scuola di Atene" che Raffaello affrescò nella Stanza della Segnatura, in Vaticano) ha concentrato il contenuto della "laicità" (dei laicisti) nell'essere "Padroni della nostra esistenza". Premesso che i laicisti dovrebbero restituire ai cristiani il nome di "laico", di cui hanno stravolto il significato, occorre una breve spiegazione di quella "padronanza" che il premiato ha illustrato al corpo accademico. Scrive Rodotà: "Laicità rinvia ad autonomia e questa si declina come autodeterminazione" e "individua la persona come protagonista istituzionale". In altre parole, non si riferisce tanto "al rapporto tra Stato e Chiesa", ma, sulla base di "due diritti fondamentali della persona: quello all'autodeterminazione e quello alla salute", costruisce un'idea di persona del tutto autonoma da ogni norma etica, sociale o metafisica. È l'uomo autopoietico, l'"uomo-che-si-fa-da-sé" e che decide, per esempio, se, quando e come un altro uomo deve nascere o morire e, per "escludere che lo Stato abbia giurisdizione sulla vita", rivendica questo potere a se stesso (vedi eutanasia). La laicità avrebbe persino un precursore in Ippocrate e nel suo giuramento di astenersi "dal recar danno e offesa". In questa "laicità" è la parola "padroni" a far paura, perché quei due "diritti fondamentali" considerati da soli sono la fotografia dell'individualismo radicale, in cui non c'è posto per l'altro né per la comunità umana né per qualche forma di solidarietà che non consista nel misero "non recar danno e offesa", bensì nella ricerca del bene comune. Di questa "padronanza" la più esplicita icona è l'aborto, che Ippocrate vietava, ma che è considerato oggi un pilastro della laicità. Infatti Rodotà evita di ricordarlo, giacché riguarda il diritto fondamentale dell'altro alla sua autonomia e salute. Come la fecondazione artificiale, con cui si gioca con le vite degli embrioni altrui in nome dell'autodeterminazione del padrone di sé.
OTTO MARCIO
L'8 marzo, festa delle donne, ha sollecitato alcuni quotidiani sul tema della dignità del "corpo" delle donne. Per esempio, Il Giornale ha chiesto: "Donne, ribellatevi ai corpi nudi usati in copertina" e il Corriere della sera ha ricordato "quei cento milioni di bambine scomparse" in Cina e India per gli aborti selettivi delle femmine. Invece l'Unità ha ripreso da una mostra di fotografie sull'"Avanguardia femminista negli anni 70" quelle che, sottolineato con una maliziosa mascheratura, maggiormente esponevano ciò che le donne hanno di più esclusivo. Avanguardoni.
INFORMATISSIMO
Corrado Augias, autore di inchieste su Cristo e sul cristianesimo, scrive su Repubblica (mercoledì 10): "Il celibato [dei preti] non ha nulla di teologico né di evangelico". Davvero? Gesù, Figlio di Dio e della Vergine e lui stesso vergine, disse a proposito del matrimonio: "Vi sono alcuni che si sono fatti eunuchi per il Regno dei cieli" (Mt 19,12). E San Paolo: "Vorrei che tutti fossero come me" (1Cor 7,1).