Il Lagaccio genovese e la politica che non vede
Orlando Grondona, classe 1949, conduce col fratello un'azienda genovese che ha duecento anni. La fortuna la deve ai suoi avi che si misero a produrre il Biscotto della Salute, il Lagaccio genovese, reso leggero e digeribile dal lievito madre che conservano e rinvigoriscono fin dalla fondazione. Abbiamo parlato dell'azienda, delle intuizioni e della manualità che ancora oggi vige in fabbrica, ma quando si è andati sulla storia, quest'uomo tutto d'un pezzo si è commosso, pensando agli orrori della nostra guerra e alle persone perbene che persero la vita ingiustamente.
E così Pietro Bava a Cocconato d'Asti, classe 1931, a capo di una famiglia di vitivinicoltori, felice di vedere all'opera i nipoti, in azienda con i figli. Però quando siamo stati in cortile, davanti allo show room, gli è riaffiorato il ricordo di uno zio che s'era nascosto lì, all'arrivo dei nazisti e dell'umiliazione che subì. Incubi che tornano, proprio ora, come se aleggiasse una sensazione strana di mancata protezione.
Ma i capi partito non le avvertono queste sensazioni? Il mio amico Marco Gatti se lo è chiesto quando a Stagno Lombardo ha passato una serata coi Gottari, un gruppo (oggi sono più di cento) di giovani osti, bottegai del vino, produttori, che si sostengono a vicenda, scambiandosi visioni sulla loro idea di gusto che affonda le radici in una tradizione senza compromessi. E si sentono legati ai “Supereroi Montani” di Ferdy in val Brembana che aggregano giovani della montagna avendo a cuore quella relazione che sembra una chimera, a vedere lo spettacolo del personalismo in politica che è come una patina che oscura ogni visione. Ora, io credo che i partiti, quando pronunciano la parola italiani per dire ciò che avrebbero bisogno, dovrebbero almeno pensare che stanno abusando di una realtà che non vedono. San Benedetto, celebrato l'11 luglio, avrebbe detto che bisogna ricominciare dal silenzio, che è l'«orecchio del cuore». Ma chi ne è capace ancora?