Insegnaci, Signore, a imbarcarci nel viaggio di questo giorno che comincia, portando in cuore la disponibilità e lo stupore dei veri viaggiatori. Insegnaci che la sapienza del cammino esige scelte essenziali, invece della sonnambula tentazione di accumulare; e che le strade che si aprono davanti a noi si calcano meglio quando siamo capaci di leggerezza. Insegnaci, Signore, ad avere bisogno di poco, ad adottare uno stile di vita più frugale, a credere che, in tante situazioni, meno è di più. Spalanca il nostro sguardo a orizzonti che non si arrestano bruscamente al contorno delle nostre scarpe o al riflesso ossessivo degli specchi in cui noi ci vediamo. Dacci il gusto sinodale del distante, dell’inedito e del diverso. Allontanaci dalle narcisistiche camere fatte per la nostra eco.
Avvicina al nostro orecchio, questo sì, la polifonica conversazione del mondo, di quell’intreccio di speranze e di dolori che ci decentrano da noi stessi e ci esortano alla coraggiosa pratica dell’ospitalità. Di’ al nostro cuore che il tempo non è soltanto la somma di tanti movimenti che noi disegniamo senza nesso, poiché ogni giorno tu stesso ci abiliti a portare avanti l’architettura credibile dell’amore. Che i nostri giorni siano celebrazione di un incontro che dura, sentendo che tutto, anche le pieghe più fragili del reale, ci avvicina e ci fa convergere gli uni attraverso gli altri fino a giungere a te.
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