Con il fatto che ieri i giornali non sono usciti siamo rimasti indietro nel dire male del Grande fratello che nella terza puntata (lunedì su Canale 5) ha mostrato tutta la sua ipocrisia. Autori e conduttrice hanno creato un cast e le situazioni perché all'interno della “casa” emergesse il peggio del peggio per poi ergersi a moralizzatori. Un pessimo spettacolo, giustamente stigmatizzato dal Movimento dei genitori. Non mancherà comunque l'occasione (purtroppo) di tornare su questo GF15 altamente diseducativo. Oggi dobbiamo occuparci di un altro programma, ben diverso, ma da prendere ugualmente con le molle e di cui questa sera va in onda la seconda puntata. Si tratta di Storie del genere, il giovedì in seconda serata su Rai 3 per otto settimane. Il “genere” di cui si parla è la “teoria del gender”, per cui l'orientamento sessuale, al di là dell'aspetto biologico, diventa la legittima essenza della persona. Il programma di Rai 3 racconta le storie, molto forti, di chi ha deciso di cambiare sesso, partendo da quella sconvolgente di Daniela, 62 anni, marito e padre fino a 24 mesi fa, «che per 60 anni – parole sue – ha vissuto in un corpo che non gli apparteneva». Una storia così incredibile da ricordare quella della fiction statunitense Transparent in cui il protagonista, ormai anziano, padre di tre figli, si avvia alla transizione affermando di aver passato tutta la vita «travestito da uomo». Di contro le storie come quella di Francesco, 29 anni, nato Luna, che procede a dosi massicce di testosterone per diventare uomo. Tutti ripetono di essere nati nel corpo sbagliato. A raccogliere le confessioni, in un ricostruito salotto con tanto di caminetto acceso, è invece una che del proprio corpo ha fatto un vanto: Sabrina Ferilli. Una scelta pertanto ponderata, anche perché la Ferilli, da brava attrice, parla con cognizione di causa secondo un copione ben memorizzato. Ne viene fuori un racconto, come spesso succede in questi casi, se non proprio edulcorato, comunque smussato degli aspetti più problematici, grazie anche alla colonna sonora e alle immagini che non risparmiano tramonti e controluce. Sarà anche un modo per alfabetizzare il pubblico, come dice qualcuno, ma sicuramente non rende un buon servizio a chi vive comunque un dramma e a chi lo osserva dall'altra parte del teleschermo confondendosi le idee.