Il futuro della TV digitale dividerà le società in due
Oggi, nove anni dopo, c’è chi scommette che il nuovo futuro della tv digitale si chiama Fast. È l’acronimo di Free ad-supported streaming tv, cioè «televisione in streaming gratuita supportata dalla pubblicità». La parola chiave è «gratuita». Da sempre tutto ciò che è gratis ha un suo innegabile fascino, che aumenta di molto quando si attraversano tempi di incertezza e di crisi economica. Apparentemente, quindi, niente di nuovo. In realtà di nuovo c’è molto. Prima però dobbiamo spiegare come funzionano i canali Fast. I servizi di streaming video gratuiti possono essere on demand o lineari. Quelli on demand consentono agli spettatori di scegliere da un catalogo di programmi cosa guardare in cambio della pubblicità. I canali lineari sono invece del tutto simili alla TV tradizionale, cioè ospitano programmi trasmessi a orari precisi e senza alcuna possibilità di interazione dell’utente. Tecnicamente per accedere alla maggior parte dei canali FAST serve una piattaforma o un dispositivo di streaming video come Apple TV, Amazon Fire Stick o Google Chromecast, solo per citare i più famosi. Nel 2023 è previsto che il mercato Fast genererà a livello globale ricavi per 6,3 miliardi di dollari, di cui l’80% negli Stati Uniti. Una cifra che nei prossimi quattro anni sarebbe destinata a toccare i 13 miliardi di dollari. A certificare questo successo sono stati due colossi come Amazon e Google. Il primo ha dichiarato alla fiera Newfronts di inizio maggio che «le visualizzazioni mensili per la programmazione FAST sui nostri dispositivi Fire sono cresciute, negli ultimi sei mesi, del 300%». Da qui la decisione di Amazon di creare un nuovo spazio apposito per i canali Fast. Ad aprile, invece, Google ha lanciato Google TV. In Italia offre sia servizi tradizionali a pagamento come Netflix e Prime Video ma anche diversi canali gratuiti. Poco rispetto alla versione americana che contiene già 800 canali TV gratis. Un'offerta sterminata.
Per gli esperti di The Verge «FAST e AVOD (cioè i servizi di streaming gratuito come, ad esempio, in Italia Pluto Tv, Tubi o Rakuten Tv) sono «il futuro della tv». E per un motivo molto semplice: «vista la crisi i consumatori cercano di tagliare le spese considerate superflue, orientandosi su offerte gratuite». Tutto questo ci sta portando a un mondo digitale sempre più diviso in due: da una parte chi può permettersi di pagare i contenuti e i servizi (piattaforme video, approfondimenti giornalistici, programmi plus di intelligenza artificiale eccetera), dall’altra chi dovrà rinunciarvi e consumerà solo ciò che è gratuito. Per certi versi siamo davanti ad un’altra forma di digital divide, di divario netto tra le persone. L’avvento dei canali Fast porta con sé anche un’altra rivoluzione che è la moltiplicazione dei canali tv, visto che aprirne uno sul digitale costa e costerà sempre meno. E le piattaforme video a pagamento come Netflix? Sono a un punto di svolta. Da una parte la concorrenza diretta continua crescere, dall’altra sempre più consumatori cercano scappatoie per non pagare. Per questo, dopo averla per anni promossa, Netflix ha appena deciso di bloccare la condivisione tra gli utenti delle password. Quello che sperava fosse un mezzo per aumentare il suo pubblico si è rivelato un boomerang sui conti. © riproduzione riservata