Faceva freddo a Torino l’altro giorno quando il Centro studi Giorgio Catti apriva il convegno su «Una Resistenza da riscoprire». Si era scelta una grande sala nel Museo del carcere de «Le Nuove» poco riscaldata, ma piena di gente interessata all’argomento. Lo scopo della riunione era quello di conservare e dare valore al patrimonio archivistico del Centro e renderlo più vivo con testimonianze, cimeli storici, fonti multimediali. Naturalmente faceva parte del programma anche il promuovere studi, ricerche storico-culturali relative alla salvaguardia di ideali propri della tradizione democratica del ’900 italiano ed europeo per quanto riguardi la libertà, la dignità della persona, il pluralismo e l’opposizione ad ogni forma di totalitarismo culturale e politico. Fornire ai giovani studiosi di oggi strutture adeguate e strumenti di lavoro vuol dire promuovere pubblicazioni e iniziative culturali per dare valore, qui in particolare, al contributo dei cattolici nel Movimento della Resistenza. Il Centro che aveva avuto inizio negli anni ’ 60, poi dimenticato per qualche tempo, ha voluto riprendere la sua attività nel ricordo del giovane partigiano Giorgio. Nato nel 1925, entrato nella Gioventù di Azione Cattolica, aveva dedicato la sua vita all’impegno nella S. Vincenzo, poi all’Opera catechistica diocesana e infine, dopo l’8 settembre del 1943 alla Resistenza in una banda armata dal nome «I ribelli della Cattolica». Giorgio aveva partecipato a numerose azioni della guerriglia con la distruzione di ponti e attacchi a depositi bellici dell’esercito nazista. Nel dicembre dal 1944 sfuggendo ad un rastrellamento delle forze fasciste aveva cercato rifugio, assieme ad un compagno, nel fienile. di un cascinale della campagna piemontese. Sorpresi da un reparto di paracadutisti della repubblica di Salò quando venne loro intimata la resa essi risposero sparando . Il primo cadde subito colpito da una raffica, poi il fienile prese fuoco. Il partigiano Giorgio non si arrese e uscì, già preso dalle fiamme, ancora sparando.Vicino al suo corpo bruciato fu trovata una piccola immagine con la scritta: «La miglior vendetta è il perdono». Aveva 18 anni. Davanti alla sua tomba nel cimitero di Torino ogni anno, quando si ricorda la Resistenza piemontese, compare una corona d’alloro. Da qualche tempo il fratello Piero, padre dei miei figli, anche lui ex combattente per la libertà, lo ha raggiunto nella cappella di pietra rosata dove oggi lascio una lacrima in un mazzo di fiori.