Nei fatti che si sovrappongono affannati, e spesso enigmatici, è importante non registrare solo la marcia implacabile della storia, non impressionarsi soltanto del dilagare della macchia del suo rumore, ma prestare attenzione ai discreti segnali di speranza come contrappunto e possibilità. È saggezza riconoscere che ininterrotti fili di bontà e amore, che probabilmente non saranno mai pubblicizzati, plasmano una coerenza in ciò che spesso appare ai nostri occhi confusamente frammentato, un puzzle indistinto e insolubile, un ammasso solo di fatti o di ragioni. Noi siamo accompagnati da un orizzonte di significato, anche quando non lo cogliamo chiaramente. C’è un senso nell’esperienza che facciamo, tanto sia della gioia come del dolore, tanto della trasparenza che ci rassicura come dei passaggi oscillanti. C’è un senso nell’entusiasmo e nel vuoto, nel sì e nel no che sentiamo, nel diritto e nel rovescio, nella fioritura della rosa e nell’arida monodia del deserto. Nemmeno un capello della nostra testa si perde senza che Dio lo sappia. Quello che crediamo essere solo l’effetto disordinato del vento, in questi frettolosi pomeriggi d’autunno, rappresenta anche, in fondo, una danza. Perché le foglie non volteggiano senza un perché. Quello che affrettatamente cataloghiamo come caso è, in realtà, la lenta e misteriosa coreografia di una rivelazione.
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