Dal mare magno di internet pesco un frammento del mio passato, un'esperienza insolita che affrontai con incoscienza e del cui felice esito ho avuto sempre dubbi. Fino ad oggi, fino alla casuale lettura di un blog/diario in cui un giovane - un ex giovane - racconta di aver visto per la prima volta un gol di Ronaldo «in un vecchio vhs del Guerin Sportivo». Era l'estate del 1997, mi godevo una breve vacanza, fui richiamato in servizio, non per scrivere o dibattere in tivù: mi si chiedeva di registrare una videocassetta con tutti i gol di Ronaldo, in particolare i 47 che aveva segnato a Barcellona in 49 partite. Non era il mio mestiere, abbozzai, chiesi di vedermi in solitudine il film speditoci dalla Spagna; e mano a mano che scorrevano le immagini cresceva in me la voglia di accompagnarle con la pazza idea di entrare a farne parte, come in certi film, insomma di diventare anch'io - anche se con una particina - protagonista di una storia strepitosamente bella intitolata "Il fenomeno". In parte scopritore, sicuramente ammiratore e favoliere di Diego Armando Maradona - un amico perduto e ritrovato fra tante avversità - ecco apparirmi dopo vent'anni un altro campione destinato alla leggenda, come Di Stefano, Pelé, Best, Rivera; di tutti aveva un segno, Ronaldo: i piedi buoni, la fantasia, l'intuito, la saggia competenza, anche un po' di follia, ma su tutti s'innalzava per potenza e velocità. E dopo un paio di prove il racconto di quei gol era diventato quasi automatico, come per lui impossessarsi del pallone strappandolo dolcemente o con forza all'avversario attonito, e con la palla correre veloce verso la porta tagliando il campo longitudinalmente, saltando gli incursori come birilli, sparando a rete dopo i vani voli di portieri afflitti eppoi iniziando la corsa a braccia aperte nel dopogol liberatorio, prima pieno di felicità fanciulla più tardi anche di polemica, perché dovete sapere che gli spagnoli avranno anche tanta passione per il football ma scarsa competenza, visto che ci hanno passato Maradona e Ronaldo dopo averli fischiati, insultati, anche picchiati (a Diego l'han fatto a pezzi). Ronaldo costò a Moratti 48 incredibili miliardi e fece grande una piccola Inter che peraltro Gigi Simoni stava facendo crescere quando fu prima fermato da un arbitraggio scandaloso eppoi messo inopinatamente alla porta. M'ero abituato ai luminosi sorrisi del Fenomeno, alla simpatica confidenza della sua compagna Susana detta Ronaldina, poi vennero le sconfitte inattese, i drammi, le lacrime, come quelle più amare seppur di diverso segno dell'Olimpico, quando si ruppe il ginocchio in una partita di Coppa Italia con la Lazio, il 12 aprile del 2000, e l'urlo del ragazzo ferito colpì al cuore i suoi tanti ammiratori; e quando, ancora con la Lazio avversaria, si rifugiò in panchina e chinò il capo tentando di nascondere il viso inondato di lacrime: era il 5 maggio 2002, la sconfitta e l'addio. Ha chiuso la pratica l'altro giorno, Ronaldo, dopo numerosi quanto inutili tentativi di piena ripresa, presentandosi nella sede del Corinthians, ultima sponda brasiliana, per dire basta a 34 anni, non per pigrizia ma perché - ha detto - «non riesco più a giocare». Gli ho inviato un pensiero e un grazie di cuore per avermi divertito e avere ispirato racconti vitali e sensi sinceri di sport quando già il calcio andava perdendosi nel business. Un grande, un grandissimo. Quasi un Maradona.