Portiamo davanti a te la quotidianità pulsante, il maldestro trafficare dei nostri passi, la sirena urgente dei bisogni cui ipotechiamo tempo, preoccupazione e sforzi. La vita, a volte, martella dentro di noi senza margini, si organizza senza pause, con un respiro cadenzato e ferreo. Ma dentro rimaniamo assetati. Terminata l'attività febbrile scopriamo di essere noi stessi incompiuti. Sentiamo che ci manca un tempo che esprima, al di là della mera ricerca del necessario, la pura grazia di ciò che non ha un perché. Per questo ti chiediamo, Signore, l'audacia di vivere il gratuito: che sappiamo oggi aprire una finestra non appena per ispezionare il duro suolo che già conosciamo, ma perché i nostri occhi si perdano nella vastità dei cieli; che dedichiamo oggi alla vita attorno a noi uno sguardo ampio, senza giudizi precipitosi, senza l'ombra dei risentimenti che riducono l'orizzonte e ci assediano; e che sappiamo interpretare la sovrabbondanza del reale come una chiamata a sperimentare la prodigalità dell'amore che condividi con le tue creature. Perché è l'eccesso del dono, e non l'egoistica penuria, che a ogni istante rispecchia te.