IL DIO DI LEGNO
C'è una scenetta ironica nel libro del profeta Isaia, cesellata nei particolari e ripresa quasi dal vivo. Un falegname è alle prese coi suoi strumenti per modellare da un tronco una statua divina: alla fine è soddisfatto per l'opera delle sue mani, ma è anche stanco e affamato. Prende il legname avanzato, lo mette sul focolare, si cuoce un arrosto e poi si accomoda beato a godersi il tepore. Ben pasciuto e riposato, si ricorda della statua sacra che ha plasmato. Eccolo, allora, prostrato a invocare: «Salvami, perché tu sei il mio dio!» (così in Isaia 44, 13-17). È questo l'idolo, il «Dio di legno» a cui allude il grande scrittore russo Tolstoj nel brano che oggi abbiamo proposto.
Facile è fare del sarcasmo sull'idolatria, sulla superstizione, sulla magia che anche ai nostri giorni avvincono folle di persone, per non parlare poi di certi idoli mentali, idee banali e vane che però sono piantate come chiodi in molti cervelli. Eppure, talora accade anche a chi è seriamente religioso di entrare in crisi nei confronti del proprio Dio. Certo, come accadde ad Abramo e a Giobbe, può essere Dio stesso che si cela o provoca e prova la nostra fedeltà per vagliarla. Ma spesso è solo perché anche noi, piano piano, siamo scivolati verso un Dio di legno, sostituendolo al Dio vivente. Demoliamo quella statua e cerchiamo il vero volto divino.