Giustizia: parola ormai dimenticata, rimossa, esiliata. La strage di bambini, le guerre infinite, le migrazioni bibliche, il dissesto ecologico, l'emergenza climatica chiedono a gran voce il suo ritorno. I vari mondi politico, sociale, economico, ambientale non sono in equilibrio, perché iniqua è distribuzione della ricchezza. Problema antico, quello della «maledetta avidità della ricchezza» (auri sacra fames). Per la massa, ricordava già Teognide (VI - V sec. a. C.), «il denaro è la sola qualità che vale» (Elegie vv. 699 sg.); per il parvenu del Trimalcione di Petronio (I sec. d. C.) «sei, solo se hai» (77, 6). Sul fronte opposto, Orazio ribatteva che «Sua Maestà il Denaro» (regina pecunia) apre, sì, ogni porta ma solo il saggio è veramente ricco; Seneca, che «Il denaro non ha mai reso ricco nessuno» (Lettera 119, 9). Le parole del Vangelo non danno scampo e alibi: «Non potete servire a Dio e a Mammona» (Matteo 6, 24): «È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli» (19, 24). Per Agostino (IV-V sec. d.C.) il denaro è un'amante volubile e spietata (amica pecunia): «Tu te ne vai e poi viene un altro dei suoi amanti. Quanti innamorati l'hanno lasciata!» (Sermone 335 / C, 7); e negli stessi anni Pelagio si chiedeva: «Può un cristiano essere ricco?» (La ricchezza 7, 2).