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Il Dio buono come il pane per sostenere il cammino

Luigi Verdi giovedì 30 maggio 2024
Domenica del Corpus Domini - Anno B Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Un pezzetto di pane per ricordarci che non di solo pane vive l’uomo, un sorso di vino per stringere un patto valido per sempre: come al solito Gesù sovverte la nostra logica razionale. Nell’Ultima Cena coi suoi apostoli, invece di lasciare raccomandazioni e programmi come ognuno di noi avrebbe fatto, consegna, quasi fosse un testamento, il suo corpo da masticare e ingoiare in un semplice pezzo di pane. È vero, li aveva avvisati quando aveva detto “Io sono il pane della vita” e li aveva preparati “Se non mangiate la carne del Figlio dell’Uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda” (Giovanni 6,53-55), ma quanto davvero poteva aver capito quel manipolo di raccattati? E quando quella sera intorno a un tavolo, o forse seduti in terra, avevano accolto nelle mani quel boccone di pane le loro mani avranno tremato? Mi torna in mente quell’episodio raccontato nel capitolo 19 del primo libro dei Re quando Elia, stanco e sentendosi in pericolo, chiede a Dio di lasciarlo morire. Si addormenta e viene svegliato per due volte dalla voce di un angelo che gli dice “Alzati e mangia”: vicino a lui trova una focaccia e un po’ di acqua. Quel pane gli servirà per mettersi in cammino e raggiungere il monte Oreb, dove incontrerà Dio, in un sussurro di vento. E ancora il mio pensiero corre a quei cinquemila che furono sfamati a partire da pochi pezzi di pane, perché anche loro potessero riprendere il cammino e tornare alle loro case. Il pane ci è necessario per vivere, per camminare, perché è energia immediatamente assimilabile che scorre nelle nostre vene, il pane placa la nostra fame. Così capisco che Gesù non poteva scegliere posto migliore in cui nascondersi e restare con noi, a calmare la nostra fame: fame di pane e di infinito. Quell’infinito che attraverso un pezzetto di pane e un sorso di vino mi raggiunge e circola nel mio sangue, diventa mio stesso sangue, scorre nelle mie vene. In me circola Dio. Che regalo incredibile e stupendo, così semplice eppure così generoso, regalo di un Dio che come una mamma nutre col suo corpo il suo bambino. Ci aveva promesso che sarebbe rimasto con noi, che non ci avrebbe lasciati soli, ora ci raggiunge fin nel profondo delle nostre fibre, per continuare ad alimentare la vita. Il momento dell’istituzione dell’Eucaristia viene raccontato da tutti gli evangelisti tranne Giovanni che, a questo punto dell’Ultima Cena, inserisce la lavanda dei piedi, quasi a volerci mostrare la postura del Corpus Domini: un Dio in ginocchio sui nostri piedi stanchi. Un Dio buono come il pane. (Letture: Esodo 24,3-8; Salmo 115; Ebrei 9,11-15; Marco 14,12-16.22-26) © riproduzione riservata