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Il dialetto di Rentocchini maestro di Ottave

Cesare Cavalleri mercoledì 12 ottobre 2022
Emilio Rentocchini è un unicum nella poesia italiana: folgorato da Ariosto, scrive in perfette ottave in dialetto (o lingua?) di Sassuolo dove è nato nel 1949. Sassuolo, celeberrimo per le sue fabbriche di piastrelle, ha dato i natali ad altri personaggi di spicco, dal cardinal Camillo Ruini a Vittorio Messori, ai cantanti Pierangelo Bertoli, Nek e Caterina Caselli, senza contare la squadra di calcio che impensierisce anche le grandi della Serie A. Rentocchini ha un singolare modo di confezionare le sue raccolte ognuna delle quali ingloba la precedente, tipo matrioska. Ecco dunque Lingua madre. Ottave 1994-2019 (Quodlibet, pp. 352, euro 22) che riprende Lingua madre. Ottave 1994-2014 (2016), e 44 Ottave (2019). In totale, 300 Ottave in sassuolese e altrettante in italiano, non semplici traduzioni ma nuove esecuzioni. Dunque, un totale di 600 Ottave. Le Ottave dell'"Orlando furioso" sono 4.842 per un totale di 38.736 versi. Tra i contemporanei, Carlo Alessandro Landini, le cui Stanze (2018) comprendono 432 Ottave (ma ne ha scritte il doppio) rivaleggia con il poeta di Sassuolo. L'Ottava perfetta di Rentocchini è quella in sassuolese rimata secondo lo schema ABABABCC. Anche chi non conosce il sassuolese è catturato dalla musica delle rime: condensa / aseinsa / inceinsa; respir / gir / avrir; diversa/traversa. Le Ottave in italiano non sono solitamente in rima, e anche l'endecasillabo talora è dissonante, come in Landini, del resto. Per quanto esperti, i poeti in Ottave devono pur campare. Leggiamo in italiano l'Ottava con le rime sopra trascritte, che ha in esergo una frase di Maria Callas: «La musica continui a pulsare anche attraverso le pause». Scrive Rentocchini: «Fa' caso alle pause perché lì si condensa / in quel finto silenzio, in quel respiro / più lungo, disteso, in quel sapore d'assenza / ciò che le parole perdono ad ogni giro / di frase e l'aria sostiene, incensa / così di brusii, di pieghe appena da aprire / l'intenta attesa, in tinta eppur diversa: / reticolato e insieme il cielo che l'attraversa». Come si sarà capito, l'Ottava che è la strofa dei poemi è usata da Rentocchini in versione lirica, e ogni poesia è lirica a sé stante. Rentocchini è anche il miglior interprete di sé stesso, tanto che Giorgio Agamben, nella prefazione, gli cede volentieri la parola. Lo facciamo anche noi, Sempre a proposito dello spazio bianco: «Tra l'Ottava in dialetto e quella della sottostante traduzione italiana, si apre uno spazio bianco, quasi una terza lingua tutta echi e ombre, ed è lì, in quella specie di radura domestica e mistica, che ha sede il cuore della fabbrica: in cui sentire e pensare, o forse meglio, pensare di sentire e sentire di pensare, convergono». Senza dimenticare «che l'amore per le cose e le persone, in poesia, può sprigionarsi solo attraverso il filtro faticoso della forma - chiusa o liberissima che sia - che è poi il vero strumento di riflessione».