È un mondo che cambia rapidamente quello rappresentato dalle cronache locali, dove diventa una notizia a tutta pagina il ristorante “stellato” che molla la presa (I Caffi ad Acqui Terme, era la notizia di ieri) oppure un negozio di alimentari che apre, come se fosse una rarità in controtendenza. E in verità una rarità lo è, a leggere l’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio su 120 città medio-grandi, secondo cui in dieci anni sono sparite 100mila imprese commerciali, con una certa accelerata negli ultimi due anni, come se pandemia e crisi energetica fossero stati il colpo di grazia. E se il Meccano della nostra infanzia chiude la produzione, una ragione è da ricercare anche nella sparizione dei negozi di giocattoli, così come delle librerie. Ma capita sovente, girando l’Italia, di dover fare chilometri senza trovare più un bar oppure un negozio di frutta e verdura, perché tutto è demandato alla Grande distribuzione e i bar li trovi comunque nell’area sosta del benzinaio. È successo pochi giorni fa in un grande centro industriale: «Ma non c’è un bar con tutta la gente che lavora in questo sito?» abbiamo chiesto. «No, ormai in ogni azienda ci sono i distributori automatici – è stata la risposta – e poi nessuno si può permettere un quarto d’ora per andare al bar». Già... i cambiamenti sono così e non ci si può fare nulla, ben sapendo che i libri e i giocattoli oggi si comprano online, tanto che la spesa media degli acquisti via Internet, negli ultimi sette anni, è aumentata da 643 euro ai 1.864 del 2022. Di contro sembrano aumentare i servizi di ristorazione, che affollano soprattutto le grandi città ma anche i B&B, che stanno a indicare quanto l’Italia sia una meta turistica molto ambita. Tuttavia stride un po’ l’immagine di una provincia italiana che da un lato vuol mostrare il suo volto migliore per attrarre turisti e dall’altra dà segnali di desertificazione, soprattutto nei centri storici delle città, dove il degrado ha sempre aperto la strada a storie di delinquenza. La luce accesa di un negozio, dentro un paese, è un deterrente, così come i luoghi di incontro, sempre più rari, che nel tempo hanno favorito l’integrazione. Quali azioni e riflessioni sono in atto per arginare fenomeni di isolamento in periferia che negano sviluppo? E se in nome di un ecologismo schematico, in talune grandi città si vorrebbero allargare ancor di più le aree che negano gli accessi alle auto, che fine faranno negozi, luoghi di incontro e immagini di un turismo accogliente... e non respingente?
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