Molto giustamente, credo, l'ultimo numero dello Straniero (190/2016) dedica la sua apertura a Rodolfo Walsh, giornalista e scrittore argentino che nel 1977 fu sequestrato, ucciso e fatto sparire, come migliaia di altri desaparecidos, per ordine della giunta militare di Jorge Videla e Emilio Massera, a cui aveva osato scrivere una lettera aperta di denuncia.A cinquant'anni, quando morì, Walsh era il più noto protagonista di quel «periodismo narrativo» che negli Stati Uniti fu teorizzato come new journalism da Tom Wolfe. E proprio ora, per le edizioni laNuovafrontiera, esce a cura di Alessandro Leogrande Il violento mestiere di scrivere, una raccolta deipiù famosi scritti di Walsh. Lo straniero pubblica come editoriale uno di questi scritti, quello per la morte di Che Guevara, dell'ottobre 1967.Il fatto che Ernesto Guevara se ne fosse andato sulle montagne della Bolivia faceva già capire che per lui, accanto a Fidel Castro, non c'era più posto e che dopo la presa del potere la prassi rivoluzionaria castrista non prometteva bene. Ma nelle prime righe del suo articolo, in quella «lugubre primavera di Buenos Aires», Walsh ricorda i tempi in cui all'Avana sentì «il vecchio Hemingway, all'aeroporto di Rancho Boyeros, dire queste parole quasi definitive: "Vinceremo, noi cubani vinceremo". E davanti al mio stupore aggiunse: I'm not a yankee, you know».Nella sua introduzione al Violento mestiere di scrivere, mestiere che diventa violento ai danni di chi scrive ogni volta che il potere reprime con violenza la libertà, Leogrande fa un ritratto sia biografico che letterario di Walsh. Il giornalismo narrativo, quando riesce a imporsi, può infatti diventare uno strumento di conoscenza capace di mettere lo stile e l'immaginazione al servizio della verità dei fatti: che non sono semplicemente fatti, sono esperienze e storie vissute, vicende umane degne di essere ricordate, che gli storici di professione non sapranno raccontare e che perciò (anche non volendo) falsificheranno.Dire «immediatamente ciò che si vuole dire» e dirlo «nel modo migliore», con la maggiore esattezza, facendo capire «per che cosa o per chi» stai scrivendo: l'etica e l'estetica di questo genere di giornalismo non sono diverse da quelle di ogni migliore e più onesta letteratura.