La santità si trasmette, trascina, affascina, si diffonde ma serve coraggio, determinazione, consapevolezza. Ecco il messaggio concreto e attuale, che oggi ci lascia san Leandro di Siviglia. L’opera di questo vescovo coraggioso ebbe come frutto la conversione di un intero popolo, i Visigoti, che all’epoca, nel IV secolo, seguivano l’eresia ariana. Nato a Cartagena verso il 540, era il maggiore di quattro fratelli, tutti diventati santi (gli altri erano Florentina, Fulgenzio e Isidoro). Si fece monaco e verso il 577-578 fu nominato vescovo di Siviglia, quando la Spagna da più di un secolo era sotto il dominio dei Visigoti. Leandro riportò molti all’ortodossia e tra questi ci fu anche Ermenegildo, il figlio del re Leovigildo, che non ebbe nessuna pietà per il giovane ribelle e lo condannò a morte. Leandro dovette fuggire a Costantinopoli dove divenne amico del legato di Roma in Oriente, il futuro papa Gregorio Magno. Attorno al 586 poté tornare a Siviglia. Il nuovo re, Recaredo, nel febbraio del 587 passò al cattolicesimo sancendo di fatto la conversione dei Visigoti. «Quelli che prima ci facevano soffrire con la loro durezza, ora ci consolano con la loro fede», disse il vescovo Leandro al terzo Concilio di Toledo nel 589. Morì tra il 599 e il 600.
Altri santi. San Sabino, martire (III sec.); sant’Eldrado di Novalesa, abate (IX sec.).
Letture. Romano. Is 49,8-15; Sal 144; Gv 5,17-30.
Ambrosiano. Gen 32,23-33; Sal 118 (119),105-112; Pr 24,3-6; Mt 7,13-20.
Bizantino. Gen 17,1-9; Pr 15,20-16,9.
t.me/santoavvenire
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