Il cuore, nella Scrittura, non è la sede dei sentimenti ma quella dei pensieri più profondi e delle decisioni. Guardare al cuore di Cristo significa essere riportati alle scelte fondamentali dell’esistenza che chiamano a fare verità su noi stessi e sugli altri. Oggi non si parla più dei novissimi, eppure il dramma della morte e della finitudine della vita entra nelle nostre case ogni giorno a motivo dei fatti di cronaca: le calamità naturali, le persecuzioni impetrate contro i cristiani, gli omicidi più assurdi. Un tempo, la predicazione e le immagini disseminate nei libri di preghiera o nelle chiese, aiutavano molto a fissare lo sguardo sul proprio cuore e sulle conseguenze ultime delle scelte più segrete. Tra le molte l’iconografia legata al Sacro Cuore, si diffuse soprattutto dopo il 1650, ovvero dopo le apparizioni del Sacro Cuore a santa Margherita Maria Alacoque. Eppure da tempo il cuore di Gesù era venerato quale modello delle virtù cristiane. Alonso Cano, pittore e scultore spagnolo, già nel 1636 dipinse una curiosissima immagine del Cuor di Gesù. Il divino infante siede con un abito grigio, frusto, segno di quel lenzuolo che lo avvolse nell’ultima ora e qui tinto nel grigiore della morte. Pare addormentato e a questa interpretazione ci dirige il titolo: Gesù Bambino col cuore infiammato, ferito d’amore, Ego dormio et cor meum vigilat. Sì, io dormo ma il mio cuore veglia: le parole della sposa del Cantico dei Cantici sono poste qui in bocca allo sposo, Cristo che, nel sonno della morte, veglia su tutte le nostre ferite. È evidente, del resto, la ferita del cuore sul quale Gesù siede, indicando così l’abbandono al suo destino in un’offerta senza ripensamento. Gli occhi benché chiusi ci vedono, scrutando le nostre risposte. Il dito mignolo non è nascosto dalla guancia con gli altri e pare già arrosato di quel sangue che avrebbe di lì a poco versato sulla croce. Di fronte a immagini simili Santa Teresa di Lisieux maturò la sua piccola via, educandosi a vivere nella profonda coscienza del proprio limite e nell’infinita confidenza verso la misericordia di Dio. Il manto verde, che Gesù Bambino trattiene con la mano destra, è simbolo di quella vita che, a differenza di noi, egli può dare e riprendere di nuovo. Così il fedele, pregando di fronte a tali immagini, era spinto a guardare le brutture della vita presente con la fiducia di essere custodito dallo sguardo e dall’amore del Salvatore il quale, a dispetto dell’apparente silenzio, continua a vegliare su di noi con la tenerezza di un padre e la forza salvifica del suo Sacrificio.
Un’altra opera, frutto di un anonimo peruviano del XVII secolo, ci offre l’effige di Gesù Bambino pittore che illustra ai suoi fedeli le verità ultime. Cristo non siede dentro un atelier, ma tra le pareti del suo cuore, modello di verità e di semplicità e dunque modello da imitare per raggiungere la vita eterna. Gesù, mentre regge tavolozza e pennelli, volge lo sguardo verso di noi, provocandoci a una risposta. Il suo corpo sta tra il paradiso e la risurrezione ultima, quella in cui verrà il giudizio (in alto), e morte e inferno (in basso). Scandagliare l’inconscio non è sempre facile e spesso le motivazioni del nostro agire sfuggono a noi stessi. Perciò attorno al cuore di Cristo sono rappresentati alcuni personaggi che offrono gli aiuti necessari per comprendere se stessi, gli altri e affrontare il viaggio della vita. A sinistra troviamo le virtù teologali: la carità chiede un cuore materno verso tutti: il bimbo allattato, figlio naturale, e l’altro bimbo che curiosamente indica la seconda virtù, la speranza. Questa legge il libro della Scrittura certa di trovare in essa il fondamento del suo sperare, ai piedi ha l’àncora della salvezza che impedisce di essere preda dei marosi della vita. In piedi e con lo sguardo rivolto a noi, come Cristo, sta la fede che regge il Santo Sacramento, luogo dove lo sguardo si purifica e ritrova la giusta lettura degli eventi. Gli angeli della tela sono Gabriele, Michele e Raffaele, testimoni dei doni divini: l’annuncio di Cristo (la fede); la vittoria ultima contro il male (la speranza); la cura che Dio ha per noi (la carità). Sigillo della scena è la Trinità: il Padre si sporge a guardare l’opera del Figlio e invia lo Spirito Santo. Così anche noi, oggi, come l’antico fedele di Cuzco, guardando questa immagine impariamo ad affidarci al Divino artista, attingendo ai colori delle virtù cristiane per fare della nostra vita un capolavoro.
ImmaginiAlonso Cano, Gesù Bambino col cuore infiammato e ferito d'amore, Ego dormio, et cor meum vigilat, Olio su tavola, 1636-38, Meadows museum of Art, Dallas
Autore anonimo della Scuola di Cuzco, Il Bambino Gesù dipinge, all'interno del suo Cuore, le realtà ultime, olio su tela XVII-XVIII sec., Perù