Il credente, operaio della compassione
In quel tempo, Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!». Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d'infermità. I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea, suo fratello; Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, Filippo e Bartolomeo, Tommaso e Matteo il pubblicano, Giacomo di Alfeo e Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda l'Iscariota, che poi lo tradì. (...)
«Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione». Termine di una carica infinita, bellissima. Gesù prova dolore per il dolore del mondo. Infatti: «La messe è abbondante», ma non per la quantità di persone, ma perché germina nel mondo un grande raccolto di stanchezze, di spighe gonfie di lacrime, una messe di paure come di pecore che non hanno pastore.
Nei campi è ormai tempo di mietiture: il grano ha raggiunto il colore del pane. Così il patire dell'uomo ha raggiunto l'altezza del cuore di Cristo. Ed ecco la risposta: un sentimento di compassione, il ministero della pietà.
Ed è questo suo stesso apostolato che Gesù affida ai discepoli. Li fa operai di un lavoro che descrive con sei verbi: predicate, guarite, risuscitate, sanate, liberate e donate. C'è il ministero della predicazione apostolica, al primo posto, ma subito unito al ministero della pietà divina, e in un rapporto sbilanciato, di uno a cinque. Il lavoro nel campo del Signore si esprime in gesti concreti, in cinque opere che mostrano come «il Regno dei cieli si fa vicino» a chi ha il cuore ferito, e in una sesta opera che proclama la vicinanza di Dio. Il discepolo è chiamato a prendersi cura della causa di Dio insieme alla causa dell'uomo, ad aver cura di greggi e di messi, di dolori e di ali, di un mondo barbaro e magnifico.
«Pregate il signore della messe perché mandi operai nella sua messe». Noi interpretiamo subito queste parole come un invito a pregare per le vocazioni sacerdotali. Ma l'invito di Gesù dice molto di più: è offrirmi a Dio perché mandi me come operaio della compassione, mandi me come lavoratore della pietà, mandi me con un cuore di carne a mangiare pane di pianto con chi piange, a bere il calice di sofferenza con chi soffre, a lottare contro il male. Mandi me, con mani che sanno sorreggere e accarezzare, asciugare lacrime e trasmettere forza, e dire così Dio.
La messe è abbondante. Lo sguardo positivo del Signore sorprende ancora il nostro pessimismo: «la messe è scarsa, le chiese semivuote». Lui vede altro: molto grano che cresce e matura, vede che il seme è buono, il terreno e la stagione e l'uomo sono buoni; la storia sale " positiva " verso un'estate profumata di frutti. Dio guarda e vede che ogni cuore è una zolla di terra ancora atta a dare vita ai suoi semi divini che in noi crescono, dolcemente e tenacemente, come il grano che matura nel sole.
(Letture: Esodo 19,2-6a; Salmo 99; Romani 5,6-11; Matteo 9,36-10,8)