È il tempo degli psicologi, si legge sui giornali, perché la mancanza di fisicità sta provocando angosce che non s’erano mai viste. Il Covid 19 ha modificato le giornate: si sta attaccati alla tivù per i telegiornali e gli “speciali”, ma si seguono molto di più pure le messe, a cominciare da quella delle 7 del mattino celebrata dal Santo Padre. Volenti o nolenti questa Quaresima non fa sconti: ognuno davanti alle proprie fragilità, ma anche alle verità mai dette, soprattutto nei rapporti famigliari. La quarantena forzata stravolge la vita in famiglia e la convivenza coatta – si legge – sarebbe causa di possibili separazioni e addirittura suicidi. Ed è allarme fra gli psicologi che si stanno attrezzando con chat dedicate, telefoni verdi e mail. Tuttavia sarebbe ingiusto che il quadretto mettesse in luce solo l’aspetto negativo del cosiddetto isolamento famigliare, considerato alla stregua di una prigione. Anche perché l’altra faccia della medaglia è invece un rafforzamento dei legami e una maggior consapevolezza del valore d’essere insieme, per vivere gli eventi, anche quelli meno belli, che erano in conto nella stessa promessa matrimoniale. In ogni caso gli psicologi interpellati per misurare il fenomeno, soprattutto fra chi sta perdendo il lavoro, parlano di casi critici in aumento che trascinerebbero altre patologie. Da una ricerca del Cnr pare che il 47% degli chef abbia subito danni alla salute dovuti a problemi di stress professionale. Lo studio, promosso dalla Federazione cuochi, è stato svolto su 710 professionisti e il dato è più che mai allarmante se pensiamo che ogni giorno arrivano segnalazioni di locali che non riapriranno più. Il modello economico della ristorazione che inseguiva il mito dello chef stellato si presenta oggi come una piramide di carta, dove troppi hanno voluto posizionarsi in alto (come prezzi per domanda e costi per l’offerta), senza tenere conto di possibili congiunture negative. Certo chi poteva prevedere una faccenda che sta portando morte e miseria? Il massimo dell’esortazione che si scambiavano i nostri vecchi davanti a un dramma era: «Fatti coraggio!». Oggi nella società c’è bisogno di diminuire il contagio emotivo del panico. E anche di riscoprire, con la grazia, la presenza incessante della misericordia.