Il cimitero Monumentale di Milano, un museo a cielo aperto
Il Monumentale fu inaugurato il 2 novembre 1866, opera dell'eclettico architetto Carlo Maciachini (1818-1899), e accoglie il visitatore con l'imponente Famedio, Tempio della fama, che accoglie tombe e cenotafi di Milanesi illustri. Nato come chiesa cattolica, nel 1870 fu trasformato in Pantheon, con al centro la tomba di Alessandro Manzoni che se ne sta un po' a disagio in quell'aura vagamente massonica (invano il cardinale Carlo Colombo si adoperò per trasportarla in Duomo).
L'artista assoluto del Monumentale è Adolfo Wildt (1868-1931), il più cimiteriale degli scultori di ogni tempo, che anche dal suo magistero nell'Accademia di Brera esercitò grande influenza su molti allievi. Un nome per tutti, Lucio Fontana (1899-1968) che dal maestro apprese l'uso dell'oro, e infatti alla tomba Castellotti (1935) c'è un suo grande Cristo in bronzo avvolto in un pannello dorato. Anche i famosi “tagli” che hanno diffuso nel mondo il nome di Fontana sono un'eco delle orbite vuote e delle labbra a fessura dei volti di Wildt. Una curiosità: pare che la straordinaria lucentezza madreperlacea dei marmi di Wildt fosse ottenuta con impacchi e strofinamenti d'orina.
Numerosi i volti e i corpi spettrali di Wildt disseminati nel Monumentale, e la sua opera più estraniante è l'edicola Giuseppe Chierichetti (1921), rimasta incompiuta per il fallimento del committente, che si presenta come una distesa di sedici croci in marmo di Carrara, sulle quali dovevano essere inserite 20 teste e, al centro, un ritratto in onice e ferro battuto dorato della moglie del defunto.
E se Wildt è il Castore del Monumentale, l'altro Dioscuro, Polluce, è Giannino Castiglioni (1884-1971), scultore della celeberrima Ultima cena bronzea, tredici figure più grandi del vero, per la tomba Campari (1913). Il classicismo razionalizzato di Castiglioni rifulge - tra i molti esempi convincenti - nell'edicola Antonio Bernocchi (1936), altissimo tronco di cono con cento sculture a tutto tondo in marmo di Musso, visibili dall'estero e dall'interno, che rappresentano la Via Crucis.
Ogni volta che vado al Monumentale non posso evitare una sosta all'edicola Besenzanica (1912), dello scultor Enrico Butti, allegoria del lavoro, con un gruppo bronzeo di contadini e buoi sovrastato da un'immensa figura femminile riversa, che infonde su di loro un perpetuo soffio vitale. Apprendo che dal 2007 l'edicola è in concessione alla Fondazione Gioacchino e Jone Ligresti: ebbene, si dia da fare, la Fondazione, perché il monumento è transennato da qualche anno.
Ma il Monumentale racchiude opere di moltissimi altri e talvolta insospettabili artisti: Luca Beltrami, Giuseppe Sommaruga, Ulisse Stacchini (quello della Stazione Centrale), Piero Portaluppi, Luigi Figini e Gino Pollini, Medardo Rosso, Ernesto Bazzaro, Leonardo Bistolfi, Francesco Messina, Giacomo Manzù, Alik Cavaliere, Fausto Melotti, Giò e Arnaldo Pomodoro, Pietro Cascella… Il consiglio è di leggere a casa la monografia grande di Carla De Bernardi e Lalla Fumagalli, e poi, in questi weekend primaverili, percorrere il Monumentale con la guida in mano. Le autrici, forse per invogliare il riscontro diretto, non hanno messo in copertina foto troppo note: nella monografia grande, un particolare del Monumento Lorenzo Andronico (1936), di Enrico Pancera, con i singolari volti orientali dei personaggi che portano alla Deposizione il Corpo di Gesù; sulla copertina della Guida, spicca un particolare dell'edicola Falck, con l'obelisco di 19 metri che ricorda una ciminiera, e un candido gruppo marmoreo che fonde insolitamente le scene dell'Annunciazione e della Deposizione. Scultore: Giannino Castiglioni.