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adova, estate 2003 - Sopra alla grande piazza il sole acceca. A tratti, un vento che sa già di mare. Nella Basilica del Santo nella penombra si dipana la silenziosa coda dei pellegrini alla tomba. Quando arrivano alla lastra di marmo scuro, posano la mano per lunghi secondi; qualcuno appoggia la fronte, come a implorare pace. È fatta di gesti, la devozione popolare; di mani che si allungano a toccare, di ore in ginocchio, del lento metodico sgranare un rosario. Non è forse profondamente umano questo bisogno? Una madre non può fare a meno di accarezzare, e un amico si riconosce anche dalla stretta di un abbraccio, in un'ora dura.In Basilica, solo, seduto in fondo, c'è un vecchio. È immobile, lo sguardo fisso sull'altare. Dopo ore ripasso, e non si è mosso. La sera, è ancora lì. Ha una faccia scavata, sofferente. Non dice nulla e rimane, come a bussare con insistenza, o, mendicante ostinato, a ricordare a Dio: sono qui.Quando il sole cala e la Basilica serra il portone seguo con lo sguardo lo sconosciuto, che s'allontana per i vicoli di Padova. Quale dolore spinge a restare un giorno intero dal Santo? Nell'imbrunire sopra la Basilica si rincorrono le rondini. Da quanti secoli gli uomini tornano qui, tenaci, a domandare. È carico di immenso, questo cielo che sa già di mare.