Il cibo sano che resiste ai burocrati della Ue
Il Covid ha imposto le necessarie misure di sicurezza, compreso il Green pass, che il mondo della ristorazione e anche del vino ha accolto con benevolenza.
La ripartenza del resto è qualcosa di molto concreto se pensiamo che l'export è in crescita per il made in Italy e i tavoli dei ristoranti sono tornati a essere pieni, per esempio in una città come Milano, mentre a Verona si cena coi doppi turni. Ma c'è anche un dato che riguarda il vino, rilevato da Iri per Vinitaly sulle vendite nella Grande distribuzione organizzata: l'aumento del valore. Che tradotto significa che sono tornati i consumi domestici di bottiglie importanti, a fronte di un calo in quantità dovuto alle graduali riaperture dei locali.
Tuttavia a Verona tutte queste notizie positive sono andate a cozzare con le intenzioni dell'Unione Europea di mettere in atto azioni di allerta sulle etichette delle bottiglie simili a quelle per le sigarette. Ora, sono passati quasi vent'anni quando una proposta simile sollevò una protesta generalizzata in tutta Italia e non se ne fece nulla.
Oggi ritorna, con la scusa della lotta al cancro. E ancora una volta il vino viene equiparato ai superalcolici. Se poi vi aggiungiamo il Nutriscore, definita come l'etichettatura a semaforo, che mette fra i buoni certi cibi e fra i cattivi prodotti l'olio extravergine di oliva, capiamo subito che qualcosa non torna.
Alleanza delle Cooperative s'è detta preoccupata se il futuro diventa un fascicolo di avvertimenti, per cui oltre al vino, a ben guardare, tutto ciò che mangiamo sarebbe sconsigliabile. Ma lo è davvero se viene concepito fuori da una regola. La nostra regola si chiama Dieta Mediterranea e ha la sua forza nella varietà degli alimenti, per cui dentro a un insieme non si può parlare di un alimento che fa bene o male, piuttosto di un'alimentazione corretta o meno.
Lo sanno bene dietologi e nutrizionisti di casa nostra, meno i burocrati che alla responsabilità di educare, scelgono la via breve di mettere la voce divieto. E se anche lo scippo del nome Prosecco con un fantomatico Prosek croato minaccia uno dei vini più venduti al mondo, che richiederà altri sforzi e battaglie, la stagione che abbiamo di fronte è tutt'altro che rosea. Cercasi allora prova di buon senso a Bruxelles, pena l'emergenza perenne dell'economia agricola.