Bisogna essere grati ad Ana Obregón, l’attrice di 67 anni che ha commissionato e fatto partorire a una madre surrogata una bambina concepita con il seme del figlio morto e di una “donatrice”. Grati assai, perché ha reso tangibile quanto su “Avvenire” paventavamo da almeno una trentina d’anni, venendo anche derisi. Molto, molto grati perché non sarà elegante, sarà perfino peccato (veniale), ma è impossibile non vedere, inorgogliendosene un po’, gli imbarazzi di chi per anni ci ha spiegato col ditino alzato, non senza supponenza, che ogni progresso scientifico comunque realizzato va accolto come cosa buona. E fa sorridere che la domanda di Massimo Gramellini (“Corriere”, 6/4): «Davvero tutti i desideri sono diritti?», sia identica, punto interrogativo a parte, al titolo di prima pagina della “Verità” (7/4): «I desideri non sono diritti».
L’imbarazzo è tangibile. La cronaca di Virginia Neri sul “Corriere” (6/4) è rigorosa e attenta a non sbilanciarsi. Poi arrivano le due righe finali: «Il caso lascia aperti degli interrogativi giuridici, sociali ed etici». Il quotidiano di via Solferino vorrà e saprà non abbandonare i lettori nel guado del dilemma? La “Stampa” (6/4), titolo: «Io, madre di mia nipote», schiera in campo Assia Neumann Dayan che esordisce in modo laconico: «È che sembra un incesto, e questo è tutto quello che avrei da dire sulla faccenda». Avrebbe ma non ha, perché prosegue per una pagina intera fino a una conclusione che nulla conclude: «C’è chi penserà a questa storia come un esempio di progresso, civiltà e autodeterminazione, e chi la penserà come una storia di dolore e orrore. Il problema è che l’unica opinione che conta è quella di una neonata» (La sua vita conta, diciamo noi. Come ogni vita).
I quotidiani di destra non sono invece affatto imbarazzati e ricorrono a sostantivi che lasciano poco spazio all’indeterminazione: follia, scandalo, mostruosità, orrore. Su “Libero” (6/7) Hoara Borselli replica idealmente a Gramellini: «I bambini non possono diventare l’oggetto di desiderio a qualunque costo». Amaro sul “Giornale” (6/7) il commento di Karen Rubin: «Neonati che vengono al mondo con uno scopo chiaro, che servono da rimpiazzo, che devono lenire una ferita, che come surrogati non saranno mai chi non c’è più». Nessuna persona, unica e originale, dovrebbe essere mai ridotta a surrogato.
© riproduzione riservata