«Ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per la strada, lì ricomincia la storia del calcio», ha lasciato detto il grande scrittore argentino Jorge Luis Borges. E in Argentina c'è un bambino che con un abbraccio ha riscritto una piccola ma toccante pagina di storia del fútbol. La sua squadra del cuore, il Defensa y Justicia ha perso in casa contro il Boca Juniors e il bambino al triplice fischio fa invasione di campo e si fionda verso il portiere del Defensa, Ezequiel Unsain. Il suo idolo è in ginocchio, amareggiato per il gol preso (per la cronaca: esente anche da colpe) e il bambino che fa? Lo va a consolare con un abbraccio di quelli che di solito un figlio regala al proprio papà. Un gesto spontaneo, di quelli che fanno davvero bene al cuore di cuoio e che allontanano gli spettri delle violenze da ultimo stadio. Il video dell'abbraccio del piccolo tifoso a al portiere è diventato virale e ora tutta l'Argentina lo cerca per abbracciarlo, virtualmente: «Amici di Twitter, aiutateci a trovare questo ragazzo che ci ha commosso tutti». Fa piangere invece vedere immagini di partite che si disputano su campi vicini a quelli di battaglia. La guerra tra Mosca e Kiev non si ferma mica davanti a un campo di pallone. Così per riuscire a portare a termine Rukh Lviv-Metalist Kharkiv, la prima di campionato della serie A ucraina ci sono volute 4 ore e 27 minuti. L'equivalente di cinque giornate concentrate in una sola gara, roba da far sparire il racconto Il rigore più lungo del mondo del nostro epigono da rubrica, Osvaldo Soriano. Dopo l'allarme aereo il timore delle bombe russe sulla città di Lviv hanno indotto a fare uscire le squadre dal rettangolo di gioco per ben tre volte e il fischio finale del match, iniziato alle ore 15, è arrivato alle 19:27. Ha vinto il Metalist 2-1 e il terzo tempo forzato è durato 145 minuti, trascorso in un rifugio. Questa storia, che sembra spiovere dal secolo della Grande Guerra, dovrebbe far capire una volta per tutte, specie alle tante “milizie” delle curve degli stadi, il privilegio che hanno ancora nel poter assistere alle partite della loro squadra del cuore in un Paese in pace. Vedere ancora immagini di veronesi che sputano in faccia al tifoso napoletano che tenta di raggiungere la propria curva al Bentegodi fa capire che la piaga del razzismo è sempre aperta. Nella Verona del sindaco calciatore Damiano Tommasi, è nato il centravanti Raphael Odogwu. Classe 1991, figlio di genitori nigeriani, Odogwu per i tifosi della sua ex squadra, la Virtus Verona, era il “Lukaku della Serie C”. Dal 2020 gioca a Bolzano, nella neopromossa, in B, Sud Tirol e suo è stato il primo storico gol (al Venezia) del club altoatesino nel torneo cadetto. Piccola impresa di un colored italiano, come quelle compiute nell'atletica da Yaman Crippa e i gemelli Zoghlami. Figli di un'Italia superiore quando, grazie anche allo sport, riconosce il valore fondante dell'inclusione.