Il calcio ridotto a Fabbrica del consenso
È una notizia, non un colpo di fantasia. E la dedico a tutti coloro che, da anni, mi chiedono perché mai uno dovrebbe accollarsi l'onere di gestire una società calcistica irrimediabilmente destinata (si dice) a perder quattrini, quale che sia la sua posizione, abicidì. Di solito rispondo: 1) per passione autentica con connotazioni mecenatesche; 2) perché - secondo definizione di Giulio Onesti - appartiene alla categoria dei "ricchi scemi"; 3) per interesse. La terza risposta apre di solito dibattiti perché non sempre sono chiari gli "interessi".
La notizia di cui sopra fa esplicito riferimento alla Fabbrica del Consenso, di solito la motivazione più ricorrente, e non sempre in termini d'interesse criminale: il traguardo immediato di chi acquista un club è la (cosiddetta) Tribuna d'Onore, luogo dato a incontri, contatti e affari di varia natura. Non sempre onorevoli.
Naturalmente stiamo parlando di fatti, non di chiacchiere. In passato, anche nobili o decaduti club di Serie A son finiti nelle mani di malfattori o di cosche varie, 'ndrangheta, mafia, sacra corona. Poco tempo fa, interpellai un big del calcio per sapere con quale criterio un importante club fosse stato acquisito da un Quidam qualunque: «Il mercato», mi rispose. E infatti, in nome del mercato (perché non dire alla Bogart «questo è il mercato, bellezza! e non ci puoi fare niente...»?) quante nefandezze ha sofferto il più popolare degli sport ormai anche ufficialmente business, che a me suona come una parolaccia. Quanto business sulla pelle dei tifosi di... Lasciamo perdere. Son tutti eroi, tutti santi, tutti benemeriti sportivi... È appena arrivato un comunicato del Sapri dal quale si apprende che lì nessuno ha mai avuto a che fare con "Cicciu testuni" e con "'U ballerinu", presunti trafficanti delle cosche calabro-cilentine. Spero che sia vero. A Sapri mi portò, una sera 'e maggio, Luciano Russi, uomo di grande cultura e passione sportiva (fu magnifico rettore dell'Università di Teramo e temporaneamente presidente del Castel di Sangro football club), massimo studioso di Carlo Pisacane e fondatore del centro intestato proprio al patriota napoletano che lì era caduto, nel 1857, sognando la Repubblica Romana e l'Italia. S'era inventato, Luciano, un dibattito storico/sportivo e non ricordo quale contributo calcistico potei portare mentre ero pronto a recitare a memoria «Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti! Sceser con l'armi, e a noi non fecer guerra,/ ma s'inchinaron per baciar la terra./ Ad uno ad uno li guardai nel viso: /tutti avevano una lacrima e un sorriso...».
E adesso, poveri noi? «È il mercato, bellezza, e non puoi farci niente...».