Occorre davvero dirlo, purtroppo: il nostro Paese ha un problema con il buon senso. Perché le polemiche dell’ultimo week-end circa l’opportunità di far disputare (come poi regolarmente successo) la partita del campionato di calcio di serie A fra Fiorentina e Juventus, mentre a pochi chilometri dallo stadio Artemio Franchi ancora si contavano i morti e i danni causati dall’alluvione, hanno del paradossale. La ragione? Semplice, ma ormai radicato con una profondità che spaventa: ogni tentativo di riflettere, di fronte al grande e universale alibi del “the show must go on”, divide, anzi, polarizza il dibattito che diventa pure espressione di “tifoseria”. Quando poi lo show che “deve andare avanti” è il calcio il buon senso diventa davvero meno utile del meno utile fra gli accessori. Il tema non è più come fare a essere utili di fronte a una devastazione inaudita, come porsi di fronte alla necessità di organizzare gli aiuti o, ancora più semplicemente, di piangere con rispetto le vittime e cercare i dispersi. Il dito (la partita) si sbrana la Luna (una tragedia) e si traduce in uno schieramento di forze pro-contro Juventus, oppure pro-contro Fiorentina. Le domande più ricorrenti di pseudo-tifosi e opinionisti in attesa della partita diventano: “allora perché non fermare tutti gli sport?”, “perché si è disputata la partita di calcio femminile ieri?”, “perché non chiudere anche i centri commerciali?”, “perché solidarizzare con i tifosi della Curva Fiesole se loro si sono resi protagonisti di cori irrispettosi della tragedia dell’Heysel?”. E com’è facile immaginare, il discorso, soprattutto sui social, si trascina all’infinito perché i tifosi torinisti imputano a quelli juventini di essersi resi autori di striscioni o protagonisti di cori irrispettosi sulla tragedia di Superga, ma i tifosi juventini rimproverano a quelli del Torino di esser stati altrettanto irrispettosi, e così avanti, senza fine e senza pudore. Perché a nessuno viene in mente che, di fronte a quanto successo, lo sport non conta più nulla. Uno stucchevole e inutile dibattito abbassa costantemente l’asticella – come detto all’inizio – del buon senso. Quel buon senso che ci ricorda, con evidenza, che sarebbe stato semplicemente opportuno sospendere tutto lo sport nelle zone alluvionate. E che, con ancor più evidenza, ci ricorda anche che una partita di serie A di calcio maschile, a maggior ragione fra due squadre diciamo non troppo amiche, necessita di un numero di operatori e addetti alla sicurezza che non ha paragoni con altre manifestazioni sportive locali (che, ripeto a scanso di equivoci, andavano sospese anch’esse): 300 steward, 250 agenti di Polizia, oltre 50 agenti di Polizia municipale, personale medico, ambulanze con volontari, non si sarebbero potuti impegnare nelle zone alluvionate a pochi minuti dallo stadio Franchi, come forze aggiuntive ai tanti volontari e operatori attivati fin dal primo minuto?
Il mondo del calcio (e con il calcio quelle pay-tv che ormai sembrano dettare legge su orari e calendari) ha perso un’occasione e segnato, purtroppo, ancora una volta quella distanza ormai abissale fra sé e il mondo reale, dimostrando la non invidiabile capacità di non volersi o di non sapersi fermare di fronte a nulla.
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