L'articolo sulla vendemmia, col titolo trionfante che siamo i primi produttori di vino al mondo è diventato un classico: una volta noi e una la Francia. Il fatto è che per il comparto vitivinicolo, ciò che un tempo poteva rappresentare un orgoglio oggi suona come una sciagura. E la questione è molto semplice: le cantine, e non da oggi, sono piene di vino. Se si ponesse il problema a uno studente in prima ragioneria, non dico a un economista, ti direbbe che l'eccesso di offerta deprime il prezzo, ancor più di fronte a una scarsa prospettiva di ripresa della domanda. Quindi che si fa col vino che riempie le cantine dell'ottima vendemmia 2020? In Francia non ci hanno pensato troppo ed hanno avviato la distillazione; in Italia si tentenna, come sempre, calando un velo su un futuro che non si vuole vedere. Angelo Gaja, uno dei più importanti e riconosciuti produttori di vino al mondo, ha lanciato un grido di allarme, che diventa un appello urgente. Scrive Gaja: «Per fronteggiare la situazione il ministro Bellanova aveva stanziato misure di distruzione dell'uva e del vino (distillazione) finanziabili con 150 milioni di euro di denaro pubblico, giunti però in ritardo e utilizzati appena per un terzo. L'errore, però, non è della Bellanova, bensì dei suggeritori esterni che presenziano alle tavole di concertazione. Quelli che dapprima non volevano sentir parlare di distillazione, per poi concederla ai soli vini da tavola, mentre ad averne necessità sono i vini Igp e Dop». In questo modo, altro non si è fatto che accumulare un ritardo perdendo in tempestività, anche perché le prospettive rendono impossibile l'assorbimento di tutto il vino prodotto, nonostante ci sia già chi è pronto a svendere all'estero, a prezzi stracciati, i vini più prestigiosi. Ma può uno Stato assistere inerme alla sistematica distruzione di un mercato? Che colpirà soprattutto le cantine medio-piccole, a un tratto incapaci di sostenere il prezzo delle loro bottiglie. E qui sembra di vedere il film della classica politica italiana che interviene solo quando la faccenda è andata oltre l'emergenza. A fine anno – ipotizza sempre Angelo Gaja – si registrerà il più drammatico e vistoso calo in valore dell'export del vino italiano. E si evidenzierà almeno una diminuzione di fatturato del 20%, in media, con punte ben più alte. Che fare dunque? La mediazione in questi casi non aiuta, mentre c'è bisogno di un segnale che punti a riequilibrare il mercato, per esempio favorendo la distillazione anche dei vini Igp e Dop. L'appello è chiaro e non c'è nulla da aggiungere. Qualcuno è in grado di decidere?