Anche se non leggessimo i giornali e ascoltassimo un tg, qualcosa sembra ripetersi nelle città del Bel Paese: le code davanti alle farmacie e agli ospedali come un anno fa. Fra pochi giorni è Natale, ma sembra essersi perso il senso dell'attesa. Ad accendermi la lampadina è stato un libro per bambini (in realtà consigliato da 0 a 99 anni): "Aspettando il Natale" (MammaOca book) che raccoglie 25 storie, una al giorno, per vivere l'Avvento. Lo ha concepito Annalena Valenti insieme a Valeria De Domenico e Raffaella Carnovale, mettendo sul mercato uno dei rari libri che parlano di Gesù o meglio dell'Eterno che si svela attraverso il volto di un bambino. Ora, la lampadina ha preso luce quando nella prefazione di Annalena si parla del Natale con le parole che si rincorrono tra le righe: «Sorpresa, gioia, stupore, strana allegria, dolcezza, tenerezza, felicità, meraviglia, bellezza». Parole che a pochi giorni dal 25 dicembre sembrano diventate estranee a chi non è capace di ritornare bambino. Ma se pensiamo che a Natale, nonostante il travaglio del Covid che ha flagellato il mondo, noi ci siamo... perché restano estranee parole come sorpresa, gioia, strana allegria, felicità? Cosa attendiamo veramente? Si chiede l'autrice evocando l'immagine più prossima e contemporanea che è il pranzo natalizio in famiglia, insieme ai doni. C'è un motivo vero per essere indaffarati e tristi in queste ore? Cosa si potrà costruire mai sulla tristezza, avendo accanto quei bambini che cercano nei volti degli adulti l'attesa di un bene che tante volte si vela e tante altre si rivela? L'altra sera a cena da Sergio Barzetti a Malnate, i suoi piatti (ognuno aveva un racconto di artigiani, sapori, territori) sono stati preceduti da un brodo di cappone buonissimo che riscaldava. E io ho pensato che quel brodo povero e inaspettato, incommensurabile con il risotto e i mondeghili, era la parabola del silenzio. Il silenzio che apre alla meraviglia, rorido di ascolto e attesa. Sì proprio il silenzio, dove sei solo davanti al Tu che crea. Cinque minuti di silenzio, come mi consigliava Anna Maria Canopi, solo per percepire d'esserci; cinque minuti che valgono 24 ore, fatti di una telefonata, di un dono pensato per te, come pure Dio ti pensò quando non c'eri ancora. E poi un cibo da condividere, che non può restare il rito stanco di una società opulenta, ma proprio il dono che entra dentro di te... che sei al mondo. Il brodo e il silenzio, questo ci serve a Natale, per cercare nella propria vita i motivi per cui non si può essere tristi. Solo così si rinasce.