Con il titolo: “Semplici lavoratori: per un aggiornamento della parabola dei servi inutili” Luigi Accattoli ha condiviso sul suo blog (
bit.ly/3z9wqiF), due settimane fa, l’ultima puntata della rubrica “Io non mi vergogno del Vangelo”, che tiene su Il Regno (
bit.ly/3LQPppz). Lo spunto è la conclusione inopinatamente repentina dell’impegno di volontariato nelle carceri suo e di altri nove persone, quali membri della giuria del Premio letterario Castelli, riservato ai detenuti. L’oggetto è l’espressione della parabola evangelica «siamo servi inutili» (Luca 17,10) che, all’interno del gruppo degli ex volontari giudici, ha guidato il confronto a valle della comunicazione di fine-mandato, «mandata giù con qualche sforzo di deglutizione». La godibile chiave che regge l’intero argomentare identifica i volontari come «semplici servi» più che come «servi inutili» (si giova anche dell’esempio di Benedetto XVI), e conferma una volta di più un filone centrale nelle narrazioni di Accattoli: il fatto che «con l’andare degli anni il lettore della Bibbia impara a intendere come parabole fattuali le vicissitudini della sua lunga giornata» e di quelle altrui di cui viene a conoscenza. Il post che il giornalista ha pubblicato sul blog lo scorso 8 aprile (
bit.ly/3o2B7Zj) ribadisce la centralità di questo filone narrativo, nella variante di parabola tratta da una vicenda di cui non si è protagonisti bensì solo spettatori. Ispiratrice della nuova parabola, intitolata “Del barbone e della zingarella”, è infatti «una mia figlia di nome Agnese», spiega Accattoli, ispirata a sua volta dall’ottocentesca traduzione evangelica, «campamento», dell’attuale «tutto quanto aveva per vivere» (nell’episodio della vedova dinanzi al tesoro del Tempio, Marco 12,41-44). Egli riporta in prima persona il racconto della figlia, ambientato in una metropolitana. C’è un «tizio tutto disfatto: aveva un cagnolino buttato per terra e qualche busta»; arrivano due «zingare, la madre di massimo 20 anni e la bimba di 3 anni sì e no, minuscola, col bicchiere»; tutti guardano altrove. Tranne il «tipo col cane», che dà alla bambina gli «spicci» che ha in tasca e poi, contento che alla piccola piaccia molto «il cagnetto», le dà «una banana, i biscotti, un pezzo di panino», insomma: «tutto il suo campamento».
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