«Lo studio con Beethoven è molto più impegnativo del previsto; la precisione che pretende da me supera di molto ogni immaginazione"». Aveva diciannove anni il tedesco Ferdinand Ries (1784-1838) quando cominciò a frequentare le lezioni di pianoforte presso colui che rappresentava il modello di riferimento indiscusso del panorama musicale contemporaneo. Il giovane allievo, che avrebbe in seguito avuto l'onore di esibirsi come solista nel Concerto per pianoforte e orchestra n. 3 dell'illustre maestro e che ne sarebbe diventato una sorta di segretario privato, coltivava anche velleità creative sin da quando era bambino. Possiamo solo immaginare con quale timore reverenziale abbia quindi deciso di dedicarsi alla composizione, avvertendo l'ombra del genio beethoveniano allungarsi su ognuna delle pagine che scriveva. Il primo compito che gli venne affidato dal maestro fu quello di copiare le parti dell'oratorio Cristo sul Monte degli Ulivi, lavoro che Ries dovette tenere in somma considerazione allorquando nel 1836 ricevette la commissione di un'opera sacra da parte del Festival musicale di Aachen. Nacque in quell'occasione Die Könige in Israel, oratorio in due parti ispirato alle vicende bibliche tratte dal "Primo libro di Samuele" e dedicato appunto alle storie dei Re d'Israele, alla guerra tra Ebrei e Filistei, alla caduta in disgrazia di Saul e all'elezione di David.
Una partitura in cui non mancano spunti musicali originali e di assoluto interesse, sempre condotta all'insegna di una forte tensione narrativa, in cui la ricchezza del materiale melodico viene plasmata attraverso arie di preghiera e di meditazione, episodi di ampio respiro sinfonico e interventi policorali di grande effetto; un grandioso affresco sonoro di forte temperie romantica fedelmente riproposto dall'edizione discografica (due super audio cd pubblicati da Cpo e distribuiti da Sound and Music) approntata di recente da Hermann Max a capo del complesso vocale Rheinische Kantorei, del gruppo orchestrale Das Kleine Konzert e di una nutrita schiera di cantanti solisti, sopra i quali si impongono le doti espressive e il timbro chiaro del tenore Markus Schäfer (un David illuminato) e la maturità interpretativa del basso Harry van der Kamp (uno statuario Saul).