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Vite Digitali. Il 62% degli influencer non verifica le informazioni

Gigio Rancilio venerdì 29 novembre 2024

Soprattutto sui social è in atto una sfida tra influencer e giornalismo. Sempre più spesso, infatti, un certo numero di creatori di contenuti digitali ha sottratto spazi di informazione al giornalismo e ai media tradizionali. Come ha evidenziato l’ultimo Digital News Report «sui social media stanno acquisendo sempre più rilevanza, superando in alcuni casi testate e giornalisti mainstream». E questo è avvenuto e sta avvenendo per diversi motivi. Tra questi c’è sicuramente la maggior freschezza di linguaggio degli influencer rispetto a quello del giornalismo tradizionale ma anche e soprattutto il fatto che i creator non hanno obblighi e vincoli (nemmeno etici). Quella che potrebbe sembrare solo una sfida tra due modi di comunicare, riguarda tutti perché incide sul nostro modo di (in)formarci. Basti pensare al fatto che nelle recenti Elezioni presidenziali americane gli influencer social hanno svolto un ruolo importante come fonte di informazione per gli elettori. Non solo: secondo un recente rapporto del Pew Research Center, «quasi il 40% dei giovani americani di età compresa tra 18 e 29 anni si informa “regolarmente” attraverso gli influencer e più della metà degli adulti l’ha fatto “qualche volta”». Uno studio dell’Unesco appena pubblicato svela un fatto molto importante: «la maggior parte degli influencer social (il 62%) non verifica le informazioni prima di condividerle con il proprio pubblico e in questo modo diventa un mezzo per diffondere informazioni e affermazioni fuorvianti». La ricerca, che ha intervistato 500 importanti creatori di contenuti digitali, sparsi in 45 Paesi, ha scoperto anche che «oltre il 40% degli influencer ha ammesso di valutare la credibilità di una fonte in base a quanto fosse popolare sui social ». Il che conferma una deriva del digitale in atto da tempo dove i numeri valgono molto di più della credibilità (e del curriculum) di chi crea contenuti.

Se si entra nel dettaglio dello studio, si scopre anche che «il 30% degli influencer ha ammesso di condividere informazioni senza verificarne la validità se provenivano da una fonte di cui si fidavano (quasi sempre amici e a volte esperti)». Solo il 37% ha verificato le informazioni con un sito di fact-checking prima di pubblicarle. Infine: solo il 17% dei creator intervistati ha affermato che la documentazione e le prove erano il fattore principale nel valutare la credibilità di ciò che stavano per postare. A questo punto lo studio sottolinea come «la vulnerabilità dei creator alla disinformazione può avere conseguenze di vasta portata». Perché «a differenza dei giornalisti, che spesso sono dotati di competenze e strumenti per valutare la credibilità delle fonti e verificare i fatti, i creatori di contenuti digitali spesso non hanno una formazione in questi ambiti». A riprova di questa tesi l’Unesco ricorda come «il 69% degli influencer intervistati riteneva di promuovere il pensiero critico nonostante non effettuasse un controllo approfondito dei fatti o una valutazione delle fonti». Un ultimo dato emerge da questa ricerca: «mentre il 53% degli influencer ha affermato di aver creato contenuti sponsorizzati e di aver sostenuto marchi e prodotti, il 7% ha ammesso di avere nascosto ai follower di essere stato pagato per creare alcuni contenuti». Tutto questo, per noi che facciamo informazione, deve esser uno stimolo a verificare con ancora più accuratezza le fonti e a essere trasparenti con i lettori. Perché, se non si vede la differenza tra un giornalista e un creator, abbiamo davvero un grande problema. © riproduzione riservata