Ènota, e non solo in antropologia, la vicenda della “religione degli aerei”, più conosciuta come “religione dei cargo”. Se ne ebbe notizia dagli abitanti di alcune tribù delle isole Figi e della Nuova Guinea quando si trovarono a confronto con il cosiddetto “mondo civile” (e quindi quello tecnologicamente sviluppato). Il fenomeno ebbe il suo apice durante e alla fine della Seconda guerra mondiale. Queste tribù, isolate per millenni, videro all'improvviso apparire nei loro orizzonti grossi aerei che paracadutavano su di loro beni di prima necessità ma anche altri prodotti a quelle genti del tutto sconosciuti. Erano cargo delle “Potenze alleate” (Stati Uniti d'America, Regno Unito, Cina, Australia, Paesi Bassi e Nuova Zelanda) che, in lotta contro il Giappone, avevano identificato quelle isole abitate e, prive di conoscenza sulla loro condizione in periodo di guerra, scelsero di “aiutare” rifornendole appunto di merci. Gli abitanti di quelle isole interpretarono il tutto come l'arrivo dall'alto del prodigioso ritorno dei loro antenati, in quelle strane forme aerodinamiche. Nacque così il culto degli aerei, e dell'infinita bontà di chi li conduceva. Fecero monumenti agli aerei, vi si prostrarono, precorsero ingenuamente le nostre attuali idolatrie merceologiche.