Identità e amore per l'anima cristiana nei versi del poeta ebreo polacco Tuwim
Dice Ovadia: «Nel corso della bimillenaria diaspora, laddove le condizioni lo hanno permesso, l'Ebreo ha talora saputo esprimere il livello più intimo di identità della cultura che lo accoglieva senza rinunciare alla propria»: e Tuwim è «un poeta che ha saputo esprimere come forse nessun altro nella letteratura europea il rapporto fra identità nazionale, molteplicità identitaria e universalismo». In una poesia giovanile scrisse: «La più grande tragedia è che sono un Ebreo/ e degli Ari amo l'anima cristiana!».
Il libro contiene alcuni dei testi più famosi di Tuwim, seguiti da un lungo saggio di Piotr Matywiecki, un appassionato ritratto biografico e letterario dello scrittore. La vicenda di Tuwim è strettamente legata alla sua opera. Nato nel 1894 a Lodz, definita la «Manchester polacca», figlio della borghesia ebraica assimilata, partecipò in gioventù alla fondazione del gruppo d'avanguardia «Skamander» e si segnalò subito per la sua eccezionale inventività cabarettistica.
Anche in traduzione la scrittura di Tuwim colpisce per queste caratteristiche: teatralità, percussività, aggressività satirica e una sfrenata maestria linguistica. Tuwim si attirò presto un'accanita ostilità sia da parte dell'ortodossia ebraica che della destra antisemita. Nel 1939 fuggì dalla Polonia invasa da Hitler e arrivò a New York, aiutato da Arthur Rubinstein. Nel dopoguerra sostenne senza riserve l'Unione Sovietica e ricevette vari premi a Mosca, cosa che gli è stata ripetutamente rimproverata. Tuwim va conosciuto. È stato un martire e un protagonista dei conflitti di identità. Dobbiamo augurarci che Giovanna Tomassucci continui a tradurlo.