Nata nel Benin nel 1960, Ibitocho Sehounbiatou, per tutti Ibi, voleva solo dare ai figli un futuro miglior quando è stata arrestata a Napoli perché trasportava droga dalla Nigeria all'Italia. Con un'assistente sociale ha costruito un percorso di pena alternativa alla prigione e nella casa dei padri comboniani a Castel Volturno ha scoperto la passione per la fotografia. Inizia così a riprendere la comunità di diecimila africani sul litorale Domizio. Il regista Andrea Segre ha utilizzato i materiali girati dalla stessa protagonista per realizzare il primo film di autonarrazione di una migrante in Europa, da cui emerge non solo la drammaticità della sua storia, ma anche la sua ricerca estetica ed etica. Ciò che Ibi fa non è solo “registrazione” ma azione che si trasforma in preghiera e speranza con una videocamera che è strumento religioso, politico e sociale. (A.De Lu.)