I «Meridiani» hanno quarant'anni e mummificano la contemporaneità
Una collana come i Meridiani non ci dà soltanto Petrarca, Cervantes, Tolstoj e innumerevoli altri giganti del passato. Il Novecento italiano e straniero occupa ormai uno spazio maggiore che tutti i secoli precedenti. Giudicare e selezionare il presente e il passato prossimo è difficile: quindi è più facile includere che escludere. Ma i Meridiani non hanno avuto soltanto la solenne funzione di «consacrare» autori canonici, hanno sempre di più svolto un compito pratico, quello di rendere disponibili in edizioni criticamente accurate molte opere altrimenti introvabili. Questo è certamente un bene, che però nasconde un male: la crescente «accademizzazione» della letteratura contemporanea. Oggi di uno scrittore è più facile trovare in libreria le opere complete (chi le comprerà? chi ne avrà bisogno?) che i suoi libri singoli. Per leggere un romanzo di Brancati o di Graham Greene si è spesso costretti a comprare tutti i loro romanzi nei Meridiani. In libreria troverò facilmente le opere complete di Montale, ma non libri singoli come Ossi di seppia o Satura. I Meridiani sono diventati insostituibili. Ma trattano ogni lettore come se fosse uno studioso o uno studente universitario.