«Circola un'indiscrezione su un presunto scontro tra papa Bergoglio e Benedetto XV, ma io ritengo che non possa esserci stato». Lo "scontro" sarebbe stato provocato da un biglietto del Papa emerito a un Cardinale per ringraziarlo di un libro. Nel biglietto, però, «non c'è neanche una parola che possa giustificare il disappunto di Bergoglio». Nella prima pagina di Libero comincia (venerdì 18) con queste contraddittorie affermazioni (forse frutto di un sogno) un lungo articolo che racconta quello che lo stesso articolo nega, ma che serve per raccontare… l'isola che non c'è. In prima pagina il titolo è clamoroso e a grossi caratteri: «Vaticano senza pace - Papa contro Papa». Lo strano modo di informare continua a pagina 3, dove campeggia il titolo: «La guerra dei papi - Arriva il Papa rosso». Qui si descrive l'entusiasmo dei newyorkesi testimoniato persino dal "commercio" dei soliti bagarini che rivendono a ruba e a prezzi scandalosi biglietti d'invito gratuiti ottenuti chissà come. Cronista dello scandalo (peggiore del bagarinaggio) è un giornalista che, oltre a un libro antipapa, ha pubblicato su Libero, dall'ottobre 2014 a oggi, almeno diciannove articoli denigratori di Papa Francesco. Eccone alcuni titoli: «Per i suoi adulatori papa Bergoglio ha inventato anche la misericordia», «Chiesa nel dramma, ma il Papa pensa ai fiumi e agli insetti», «L'ultima capriola di Bergoglio»… Tutta roba che, però, nessuno, compreso il servizio stampa vaticano ha preso in seria considerazione. Tanto l'autore si smentisce da solo.LA DONNA "DECOSTRUITA"?Il Manifesto è insoddisfatto (venerdì 18) del discorso del Papa sulla donna, perché «ha deciso che con il Giubileo si "perdoni" il peccato di aborto». Degradare l'aborto a peccato e persino perdonarlo gli «è sembrato un'insopportabile offesa», perché «vengono ridotti e decostruiti tutti gli elementi che [per la Chiesa] fanno della donna un essere speciale e pericoloso». Tranquilli: l'aborto è sempre peccato e il perdono è solo per chi se ne pente. Ma non ha paura né vergogna, il Manifesto, a fare dell'uccisione del figlio un vanto e un elemento costitutivo della donna?JE NE SUIS PAS AYLANDove sono finiti i simpatizzanti del settimanale satirico parigino, il Charlie, quelli che per solidarietà, dopo la strage vendicativa dell'Isis, si dichiararono, a migliaia, «Je suis Charlie»? Nel numero di mercoledì 9, la rivista ha dedicato una dozzina di ignobili vignette che deridevano la morte del piccolo Aylan. Tra le molte riproduceva la foto del corpicino che pareva volesse nascondere il suo viso e Gesù vicino, a braccia aperte: «I cristiani camminano sulle acque, i bambini musulmani affogano» e altre in questo stile. E nessuno che abbia dichiarato: «Je suis Aylan».