L'ha battezzata "In vino veritas" la sua diretta su Linkedin, dove ogni lunedì alle 18.30 Alessandra Colonna convoca un migliaio di professionisti a interrogarsi su una parola. Nella scorsa puntata era “errore” e, oltre al sottoscritto ospite fisso, c'era anche il generale di brigata aerea dell'aeronautica Marco Lant che ha disquisito sull'importanza del lavoro di squadra per arginare quello che talvolta accade. E si è arrivati anche ad evocare la potenza del limite, che era uno dei quattro capisaldi con cui ci siamo rappresentati al Padiglione Italia di Expo. Tutte parole di attualità, che tuttavia stridono con la realtà che ogni mattina viene rappresentata dalla cronaca. Perché, se è vero che il limite diventa una potenza nella misura in cui attiva la creatività, è anche noto che l'errore è sopportabile fin quando non diventa perseveranza. E qui il pensiero va a chi ci governa, dove l'incapacità di fare squadra ci butta in un senso d'incertezza ancora più profondo, mentre la rincorsa all'emergenza sembra non volere far tesoro dell'esperienza precedente. Prendiamo la categoria dei ristoratori, che sono disorientati e addirittura impauriti, insieme a baristi e altri colleghi del settore food e beverage con cui stanno minacciando la “disobbedienza civile”, partita da un un cuoco di Pesaro che in poco tempo ha ricevuto adesioni.
Da un'altra parte, la mitica Associazione dei Ristoranti del Buon Ricordo ha lanciato l'appello "Non c'è più tempo!", dopo 11 mesi di chiusure a ripetizione. E anche loro evidenziano che non sono stati certo i locali messi in sicurezza a favorire i contagi. In ogni caso non ci sono più tante strade da percorrere se non tre di cui una a vicolo cieco: chiudere. Le altre due sono: poter lavorare in sicurezza, per sé e per i clienti, sfidando la possibilità di fare impresa, oppure ricevere i giusti ristori per ripartire. Detto questo, mentre i cuochi del Buon Ricordo rammentano che fanno un lavoro che spesso li impegna per 16 ore e che questa fatica sembra essere calpestata come quando si cancella la dignità di una persona, ci chiediamo chi risponde, oggi, a questo appello. Anche perché sembra chiaro, a leggere i giornali di ieri nelle cronache locali di tutta Italia, che la situazione sia diventata insostenibile e, a catena, rischia di contagiare altre categorie di lavoratori, oggi nelle medesime condizioni. Tuttavia, credo che manchi una parola che è stata evocata anche nell'incontro su Linkedin di lunedì: Ascolto. Sembra che dal Palazzo non solo non ci siano risposte, ma anche una irritante sordità.